
Nell’ampio atrio del Liceo Scientifico e Pedagogico “Pietro Colletta” di Mugnano del Cardinale, si è tenuto un convegno dal tema “Dalle Foibe all’Esodo: il martirio degli italiani e la storia del confine italiano: per una storia condivisa“.
Questo convegno si inserisce in una serie di iniziative, realizzate negli anni dal Liceo mugnanese e che ne fanno un importante centro di cultura e di formazione del “Mandamento Baianese” che andrebbe meglio supportato dalla politica e dalle istituzioni locali.
Ha fatto gli onori di casa la Prof,ssa Lucia Ranieri, Dirigente Scolastica del Liceo, che oltre alla sede mugnanese comprende il Liceo Classico di Avellino e il Liceo Classico di Pietradefusi.
La Preside dopo i saluti di rito ha introdotto l’importante tema del convegno, sottolineando l’importanza del recupero della memoria storica e della comprensione dei meccanismi psicologici, trattati in varie materie del corso di Scienze Umane e negli insegnamenti di storia, filosofia e scienze del corso di Scienze Applicate.
Dopo un toccante brano suonato al piano dallo studente Pietro Picciocchi, della 4C del Liceo Scienze Applicate, ha preso la parola il dott. Pellegrino Peluso, Consigliere Comunale di Sirignano e membro dell’Unione degli istriani. Egli, dopo aver ringraziato la Dirigente Scolastica e tutti i Docenti presenti, ha portato la sua testimonianza e ha descritto le forti emozioni da lui provate quando è andato a visitare i luoghi degli eccidi.
Il dott. Giuseppe Sartore, coordinatore regionale dell’Unione degli Istriani ha sottolineato l’importanza di ricordare e commemorare le vittime delle foibe e l’esodo forzato degli italiani dall’Istria, Venezia Giulia e Dalmazia. Ha parlato della tragedia vissuta dai profughi costretti a lasciare le proprie terre e i propri beni a causa della pulizia etnica ad opera dei partigiani comunisti di Tito.
Sartore ha anche evidenziato la necessità di mantenere viva la memoria storica di questi eventi per garantire che tali atrocità non vengano mai dimenticate. Ha invitato alla riflessione e alla comprensione della sofferenza dei profughi e alla necessità di riconoscere il loro contributo alla storia italiani.
Il dramma delle vittime delle foibe e l’esodo degli istriani, fiumani e dalmati rappresentano una delle pagine più complesse e dolorose della storia italiana del Novecento. Per decenni, questi eventi sono rimasti marginalizzati nel dibattito pubblico, oscurati da una memoria collettiva frammentaria e da una narrazione storica spesso influenzata da ideologie contrapposte. Solo in tempi recenti, attraverso il riconoscimento ufficiale del Giorno del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, si è tentato di restituire dignità e voce alle vittime di questi tragici eventi.
Contesto storico
Le foibe, cavità carsiche naturali presenti nella regione giuliana e istriana, divennero simbolo di un orrore consumatosi durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Il contesto storico vede il progressivo sfaldarsi del Regno d’Italia e l’avanzata dell’esercito jugoslavo di Tito. Tra il 1943 e il 1945, in particolare durante le fasi immediatamente successive all’armistizio dell’8 settembre 1943 e alla fine del conflitto nel maggio 1945, si consumarono le prime e le più sanguinose ondate di violenza.
Le vittime delle foibe furono italiane, ma non esclusivamente: tra loro vi erano funzionari statali, militari, sacerdoti, intellettuali e semplici civili, accusati di collaborazionismo o percepiti come ostacoli al progetto di annessione jugoslava dei territori giuliano-dalmati.
Le vittime delle foibe: il volto dimenticato delle donne e dei bambini
Particolarmente tragica fu la sorte di donne e bambine coinvolte nei massacri. Episodi documentati parlano di violenze, stupri e sevizie prima dell’uccisione. Le testimonianze raccolte da superstiti e storici rivelano come la brutalità non risparmiasse nessuno: donne colpevoli soltanto di appartenere alla comunità italiana venivano spesso sottoposte a torture psicologiche e fisiche prima di essere gettate vive nelle cavità carsiche.
Un esempio emblematico è quello di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, sequestrata, seviziata e infine gettata in una foiba nell’ottobre del 1943. Norma fu arrestata dai partigiani jugoslavi e detenuta nella scuola di Antignana, dove subì violenze fisiche e psicologiche. Nonostante le minacce e le torture, rifiutò di rinnegare la propria identità italiana. Dopo giorni di prigionia, fu brutalmente assassinata e il suo corpo gettato in una foiba. Il suo sacrificio, riconosciuto postumo con la Medaglia d’Oro al Merito Civile, è divenuto simbolo del martirio italiano in quelle terre.
Altri episodi testimoniano la brutalità dei massacri. A Villa Surani, nell’ottobre del 1943, l’intera famiglia Radole, inclusi bambini di pochi anni, venne massacrata e gettata in una foiba. Nel villaggio di Pedena, una giovane donna, Maria P., fu sequestrata e brutalmente uccisa dopo aver cercato di proteggere i suoi fratelli più piccoli. A Cittanova d’Istria, infine, il parroco don Francesco Bonifacio fu assassinato e il suo corpo fatto sparire nelle foibe per aver cercato di difendere la sua comunità dalla violenza.
L’esodo istriano-dalmata
Parallelamente ai massacri, tra il 1945 e il 1956, si consumò l’esodo di circa 250.000 italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, costretti ad abbandonare le loro case per sfuggire alle persecuzioni e alla repressione del regime jugoslavo. Gli esuli trovarono spesso un’accoglienza fredda e diffidente nelle città italiane, dovendo affrontare non solo la perdita della terra natia ma anche l’ostracismo sociale e istituzionale.
Il ritardo nella memoria e il revisionismo storico
Per decenni, i massacri delle foibe e l’esodo istriano furono argomenti trascurati o volutamente ignorati dalla storiografia ufficiale. La Guerra Fredda e le relazioni diplomatiche tra Italia e Jugoslavia contribuirono a mantenere un silenzio istituzionale che durò fino agli anni ’90. Solo con la caduta del regime comunista jugoslavo e la dissoluzione della Jugoslavia si aprì uno spazio per una revisione storica più equilibrata.
Tuttavia, questo processo non è stato esente da polemiche. Il dibattito pubblico si è spesso polarizzato tra chi minimizzava i fatti, interpretandoli come conseguenze della guerra, e chi li enfatizzava per fini politici. Il revisionismo storico ha portato a controversie anche sul numero delle vittime e sulle responsabilità collettive, alimentando tensioni che ancora oggi emergono nei confronti tra Italia, Slovenia e Croazia.
La prof.ssa Maria Del Giudice De Rosa e la prof.ssa Francesca Mazza hanno sottolineato infine come il dramma delle vittime delle foibe e l’esodo degli istriani rimangono ferite aperte nella memoria collettiva italiane e come il dovere della storia è quello di ricostruire i fatti con obiettività e rispetto, sottraendoli a ogni strumentalizzazione ideologica, poiché solo così si potrà rendere giustizia a chi ha sofferto e favorire una memoria condivisa che riconosca la complessità di eventi tragici e spesso dimenticati.
Il Convegno è stato seguito con grande interesse dagli studenti del plesso che, una volta tornati in classe, hanno redatto un elaborato descrivendo le loro impressioni e le loro opinioni su quanto riferito e mostrato dai relatori.
(di Antonio De Rosa)
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