Università: luoghi di persone, non fabbriche di laureati

Fonte: Meeting Rimini 2025
Cliccare sui pulsanti sotto per condividere. GRAZIE !

Nel cuore del dibattito sul futuro dell’università italiana, il Meeting di Rimini ha ospitato un confronto tra due importanti rettrici che hanno ridefinito la missione delle università ben oltre il semplice rilascio di titoli di studio. La discussione ha messo in evidenza la centralità delle persone e della formazione come leva per una società più inclusiva, innovativa e competitiva.

Elena Beccalli, rettore della Cattolica del Sacro Cuore, ha subito ribadito una posizione chiara e decisa: le università non devono diventare fabbriche di laureati, poiché gli studenti non sono semplici utenti di servizi, ma persone con bisogni e aspirazioni complesse. Nel dibattito con Giovanna Iannantuoni, presidente del CRUI e rettore della Bicocca di Milano, è emersa l’importanza fondamentale della formazione integrata con la ricerca, considerata come l’unico orizzonte da perseguire.

Attualmente, circa due milioni di studenti universitari sono i primi laureati nelle rispettive famiglie, rafforzando quello che viene comunemente chiamato “ascensore sociale”. Entrambe le rettrici hanno poi affrontato il tema dell’innovazione didattica, auspicando un’evoluzione che integri il modello tradizionale con le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, pur mantenendo centrale la didattica in presenza, apprezzata per il suo valore umano e di relazione.

Il confronto si è intensificato sulle sfide della competitività europea. Iannantuoni ha citato l’ex premier Mario Draghi, ricordando come le aziende europee soffrano rispetto a Stati Uniti e Cina che investono maggiormente in capitale umano e ricerca, indicando nell’università la chiave per invertire questo trend. Beccalli, forte dell’esperienza internazionale della Cattolica, che conta sei milioni di studenti nel mondo, ha condiviso questo monito. Particolarmente delicato è emerso il tema della carenza di medici, a causa del numero chiuso che ha creato un divario tra pensionamenti e nuovi ingressi, aggravato dalla fuga all’estero di giovani professionisti in cerca di migliori condizioni di lavoro.

Questo confronto invita a pensare all’università non solo come un luogo di studio, ma come un motore per il progresso sociale, culturale ed economico del Paese. In che modo le università possono meglio conciliare tradizione e innovazione per rispondere alle sfide di una società in rapida evoluzione? E come possono contribuire a costruire un futuro in cui ogni studente sia davvero protagonista del proprio percorso umano e professionale? Queste sono domande fondamentali per un impegno condiviso da accademici, istituzioni e società civile.