
La “Globesity” (fusione di “global” e “obesity”) descrive il continuo aumento dei tassi di sovrappeso e obesità in tutti i continenti: un fenomeno che negli ultimi decenni ha assunto i connotati di vera e propria emergenza sanitaria a livello planetario. La crescente diffusione dell’eccesso ponderale non è semplicemente un aumento di persone in sovrappeso, ma un problema complesso che intreccia fattori genetici, ambientali, economici e socioculturali.
Dal punto di vista medico, l’obesità è considerata una malattia cronica caratterizzata da un accumulo eccessivo di tessuto adiposo che favorisce lo sviluppo di patologie quali diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e alcune forme tumorali. Tradizionalmente si fa riferimento all’indice di massa corporea per la diagnosi, ma questa misura non riflette la distribuzione del grasso: esistono infatti persone con BMI elevato prive di complicanze metaboliche serie e individui dal peso “normale” che manifestano disturbi metabolici gravosi.
Sul piano metabolico, la sindrome metabolica rappresenta un pericolo ancor più immediato: un insieme di alterazioni come aumento della circonferenza vita, livelli elevati di trigliceridi, bassi valori di colesterolo HDL, pressione arteriosa alta e glicemia alterata che, quando presenti in contemporanea, innalzano in modo esponenziale il rischio di diabete e malattie cardiovascolari, a prescindere dal peso complessivo. Chi riesce a mantenere un buon equilibrio metabolico dimostra quanto sia importante affrontare il problema con una visione globale, guardando oltre il semplice numero sulla bilancia.
L’impatto psicologico dell’obesità non può essere trascurato. Spesso le persone in sovrappeso sono vittime di giudizi, discriminazioni e bullismo, che alimentano sensi di colpa, ansia e depressione. Questo stigma sociale può indurre a ricercare nel cibo un meccanismo di coping emotivo, creando un circolo vizioso che peggiora la situazione fisica. È quindi essenziale offrire supporto psicologico parallelo agli interventi medici e nutrizionali.
L’attività fisica regolare si conferma cruciale: anche un movimento moderato migliora la sensibilità all’insulina, riduce l’infiammazione cronica associata al grasso viscerale e favorisce lo sviluppo di massa muscolare, innalzando il metabolismo basale. Parallelamente, l’esercizio favorisce il rilascio di endorfine, alleviando stress e ansia e migliorando la qualità del sonno. Chi parte da una condizione fisica compromessa può trovare vantaggio in attività a basso impatto come camminate, nuoto o yoga, utili a superare le barriere iniziali senza eccessivo affaticamento.
Affrontare la Globesity richiede la collaborazione di più figure: il medico per la diagnosi precoce e la gestione delle possibili comorbidità, il nutrizionista e il preparatore atletico per piani personalizzati di alimentazione e movimento, lo psicologo per sostenere la salute mentale. Un intervento integrato è l’unica strada per contrastare efficacemente questa sfida sanitaria, sociale ed economica di portata globale.