
Nel corso del sanguinoso agguato del 18 dicembre 1861 in prossimità della località Ponte di Basso (fra Mugnano del Cardinale e Monteforte Irpino), durante il quale la banda del brigante mugnanese Angelo Bianco perpetrò tre efferati assassini a sangue freddo, uccidendo i sirignanesi Luciano Di Napoli e Andrea Colucci e la giovane speronese Maria Michela Cuomo, si verificò anche il sequestro (a scopo di estorsione) del quadrellese Pasquale Conte (quarantanovenne, di professione «maestro di strada nuova»).
Trattenuto per un periodo che non conosciamo con certezza e liberato solo dopo il pagamento da parte della famiglia di un riscatto di duecento ducati (pari ad un valore attuale di circa quattromila euro), Pasquale Conte descrisse la sua brutta avventura al giudice Antonio Fasildattilo («Supplente al Giudicato Regio di Monteforte») nel corso di un interrogatorio svoltosi il 24 marzo 1862, dal cui verbale, oltre alla precisa descrizione dei fatti, emerge anche qualche significativo aspetto della mentalità dei sequestratori e qualche interessante spunto di riflessione sulla reale natura del fenomeno del brigantaggio post-unitario nelle regioni meridionali.
Configurandosi, per tali motivi, come una preziosa fonte di prima mano su un fenomeno storico talora del tutto travisato, ritengo quanto mai utile riproporre, qui di seguito, la parte centrale delle dichiarazioni di Pasquale Conte, enunciate e trascritte (ovviamente) nel particolare ed incerto linguaggio dell’epoca:
Giunto poi al punto detto Ponte di Basso in questo tenimento vidi nove persone armate che fattesi avanti al calesse predetto fecero sopra una scarica di fucilate, e rimanevano estinti i sopra menzionati Colucci, Di Napoli e Cuomo, ed io ferito con colpo di quella nell’antibraccia destro. Nel vedere una si terribile catastrofe volea pormi in fuga, ma un brigante per soprannome chiamato Lipozzaro mio paesano, e domiciliato in Mugnano mi diede di mano per petto, e mi condusse seco, ed in compagnia degli altri compagni, e conobbi Carmine e Liberato Tedeschi, ed Andrea Sgambati, e mi portarono nella montagna di Mugnano detta Cupone in dove la prima notte pernottammo. Nel mattino seguente poi mi portarono nelle montagne di Avella, e mi manifestarono che ove non li avessi fatta tenere la somma di ducati tremila mi avrebbero ammazzato. Nel terzo giorno venne sopra la montagna il mio paesano Angelantonio Colucci mandato dai miei parenti, e per mezzo dello stesso scrissi a mia moglie che se amava di vedermi altra volta, che avesse subito spedito a quell’orda quella somma che potea ammansire.
Nel tempo poi che io stiedi co quei briganti, costoro mi appalesarono la gioia che aveano provato nell’uccidere quei disgraziati di Colucci, e Di Napoli, e di aversi preso i di loro fucili, e coppole, come pure che il loro capo era il famigerato Angelo Bianco. In tal congiuntura un de’ briganti che si facea chiamarsi Pascariello si mostrava dolente, ed afflittissimo perché tra gli uccisi, vi era la di lui innamorata Maria Michela Cuomo.
Nel quarto giorno poi la detta mia moglie in varie volte mandò ducati dugento a quell’orda di assassini, e nel concedarmi […?] le mie tasche, e si presero altre undici piastre, dietro di che m’incamminai per la mia patria, e mi confessai di un tal avvenimento con D. Gennaro Magnotti, Giovanni Antonio Pascale, Filomeno Conte, Sabino Caruso i quali possono conoscere anche la esistenza del denaro rubatomi.
Bibliografia
P. Colucci, Un’oscura pagina del brigantaggio mugnanese, Mugnano del Cardinale, luglio 2000.
F. Barra, Un episodio “minore” del brigantaggio irpino, rivista «Vicum», dicembre 2000.
P. Colucci, Sperone nella crisi postunitaria e la tragica fine di Maria Michela, https://irpiniattiva.news/viaggi-nel-passato, 13 novembre 2023.