
Con l’espansione dell’e-commerce in Italia, che nel 2025 ha raggiunto un valore di quasi 59 miliardi di euro, piattaforme come Vinted sono diventate centrali per chi compra e vende abbigliamento e oggetti usati. Ma dove cresce il mercato, proliferano anche le truffe. Una delle più insidiose, nota come “truffa del pacco vuoto”, sta colpendo sempre più spesso i venditori onesti.
A differenza di quanto ci si aspetterebbe, questa volta il raggiro parte dall’acquirente: dopo aver ricevuto regolarmente l’articolo acquistato, il truffatore sostiene che il pacco fosse vuoto o che il contenuto non corrispondesse a quanto dichiarato nell’annuncio. A quel punto, innesca la procedura di contestazione sulla piattaforma e reclama un rimborso, trattenendo sia l’oggetto che il denaro.
La dinamica non è nuova, ma ha trovato terreno fertile nel contesto delle app di compravendita tra privati, dove il controllo incrociato è spesso più difficile da applicare. I prodotti più esposti a questo tipo di frode sono capi di abbigliamento di marca, accessori, gioielli e sneakers da collezione, ossia tutto ciò che può essere rivenduto con facilità, generando profitti rapidi. Le segnalazioni stanno aumentando, tanto da spingere alcune associazioni di consumatori a sollecitare maggiore trasparenza nei meccanismi di gestione delle dispute da parte delle piattaforme.
Nel tentativo di tutelarsi, diversi venditori stanno adottando accorgimenti prima impensabili. Alcuni si filmano mentre preparano il pacco, inquadrando l’oggetto, l’etichetta e la chiusura del plico in un’unica ripresa continua, utile a scoraggiare eventuali truffatori e a fornire prove in caso di contestazioni. Vinted, dal canto suo, afferma di esaminare con attenzione ogni reclamo, valutando il comportamento pregresso degli utenti coinvolti e il materiale probatorio prodotto. Tuttavia, in una dinamica tra privati e senza la presenza fisica di un intermediario terzo, il margine di incertezza resta.
Il problema, però, non riguarda solo i venditori. Anche chi acquista può ricevere un pacco — nel senso più “partenopeo” del termine — se si affida a venditori sospetti, accetta di pagare fuori piattaforma o si lascia convincere da offerte troppo vantaggiose per essere vere. Per questo motivo è fondamentale che anche gli acquirenti si tutelino, mantenendo sempre la comunicazione ufficiale attraverso l’app, evitando accordi su WhatsApp o bonifici esterni, e segnalando immediatamente ogni anomalia.
Nel mercato digitale, dove la fiducia dovrebbe essere moneta corrente, servono attenzione, pazienza e una buona dose di scaltrezza. Perché il rischio di restare con un “pacco” — vuoto, difettoso o semplicemente inesistente — è sempre dietro l’angolo. E se a Napoli la parola può strappare un sorriso amaro, nel portafoglio e nel guardaroba di chi ci casca, il danno è fin troppo reale.