La proposta di adozione del “Kit di sopravvivenza europeo per 72 ore”, tra ilarità, necessità e ripensamenti culturali e sociologici

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Di fronte a un mondo in continua evoluzione, segnato da crescenti tensioni geopolitiche, crisi sanitarie e catastrofi naturali, l’Unione europea ha messo in campo una serie di misure per rafforzare la resilienza dei cittadini. Un esempio emblematico di questo approccio è il kit di sopravvivenza per le emergenze, ideato per garantire la capacità di autosufficienza per almeno 72 ore in situazioni estreme, come guerre, disastri naturali, attacchi informatici, attacchi EMP (Electro-Magnetic Pulses), crisi sanitarie e altre catastrofi.

C’è da dire che non mancano le critiche nei confronti dell’iniziativa. Alcuni gruppi politici hanno accusato l’approccio di creare “panico” o di banalizzare la gravità delle crisi, sostenendo che l’attenzione dovrebbe essere focalizzata su misure concrete di sicurezza e di sostegno alle popolazioni colpite, anziché su campagne di sensibilizzazione. Tuttavia, i sostenitori del kit sottolineano come la preparazione e la conoscenza possano ridurre gli effetti negativi, quantomeno nell’immediato, sulla popolazione.

L’idea alla base del kit è semplice ma decisiva: fornire ai cittadini gli strumenti necessari per poter affrontare autonomamente le prime 72 ore successive a una crisi. In un contesto in cui le catene di approvvigionamento potrebbero essere interrotte e le comunicazioni compromesse, questo kit diventa un elemento chiave per garantire la continuità delle funzioni essenziali della vita quotidiana.

I dettagli del kit sono stati illustrati in maniera chiara e, a tratti, ironica, dalla commissaria europea Hadja Lahbib attraverso un video virale diffuso sui social. Tra gli oggetti consigliati troviamo:

  • Acqua e Cibo a Lunga Conservazione: Elementi essenziali per garantire l’idratazione e il sostentamento in assenza di rifornimenti esterni.

  • Documenti Importanti in Custodia Impermeabile: Copie di documenti di identità e prescrizioni mediche, indispensabili in caso di emergenza.

  • Strumenti di Illuminazione e Comunicazione: Una torcia elettrica, batterie di riserva, radio portatile e un power bank per mantenere attivo il cellulare.

  • Strumenti Multiuso: Un coltellino svizzero e un accendino, strumenti utili per affrontare numerose situazioni impreviste.

  • Contanti: In un scenario in cui le transazioni elettroniche possano risultare inaffidabili, il denaro contante assume un ruolo strategico.

  • Elementi per il Benessere Psicologico: Anche piccoli oggetti come un mazzo di carte, per garantire momenti di distrazione e sollievo in situazioni di alta tensione.

Questa combinazione di strumenti pratici e di supporto psicologico mira a fornire una risposta completa e integrata, in linea con le esigenze della popolazione in tempo di crisi.

Oltre a ciò, c’è chi consiglia:

  • Teli termici;
  • Strumenti che possano essere utilizzati come armi;
  • Fare il pieno dell’auto quando si arrivi non alla fine ma alla metà del serbatoio

A questi c’è chi si accontenterebbe, ironicamente, di avere il tipo di kit rappresentato nell’immagine seguente:

(fonte: social etc)

In realtà il kit non è un’iniziativa isolata, ma rappresenta uno degli elementi fondamentali della più ampia “Preparedness Union Strategy” dell’Unione europea. Questa strategia si articola in 30 azioni concrete e coinvolge vari settori, con l’obiettivo di:

  • Aumentare le Scorte di Beni Essenziali: Promuovendo la creazione di riserve strategiche a livello europeo per garantire la continuità dei servizi vitali.

  • Cooperazione Civile-Militare: Favorendo esercitazioni congiunte e protocolli di emergenza per migliorare il coordinamento tra enti pubblici e privati.

  • Formazione e Sensibilizzazione: Attraverso campagne informative e giornate dedicate alla preparazione, l’UE intende diffondere la cultura della prevenzione tra cittadini, scuole e istituzioni.

  • Potenziamento delle Infrastrutture di Crisi: Creazione di hub e centri di coordinamento, come l’ERCC e rescEU, per una risposta rapida e integrata agli eventi critici.

    Le misure previste dalla strategia mirano a garantire una risposta tempestiva e coordinata, capace di minimizzare danni economici e umani, trasformando la preparazione in un nuovo “stile di vita” europeo.

Oltre alle critiche e ai dibattiti sul tono comunicativo dell’iniziativa, emerge un’altra riflessione fondamentale: la vulnerabilità intrinseca della società attuale.
Bisogno riconoscere, infatti, che la modernità ha portato con sé una vita sempre più urbanizzata, in cui le dispense casalinghe – normale dotazione dei nostri nonni – sono state sostituite da catene di distribuzione globali e il contatto con la natura si è progressivamente allontanato. Una volta, la presenza di piccoli animali da cortile, orti domestici e giardini contribuiva a garantire una certa autosufficienza, elemento ormai sempre più assente in una civiltà fortemente dipendente dalle forniture esterne.

Questa dipendenza non si limita al cibo e ai beni di prima necessità, ma si estende anche al sistema energetico. La nostra società, infatti, si affida pesantemente a reti elettriche sofisticate e infrastrutture complesse, il cui funzionamento può essere compromesso da eventi estremi – come le tempeste solari, ricordate per esempio nell’evento di Carrington, che hanno dimostrato la fragilità dei trasformatori di corrente alternata. In un mondo in cui la tecnologia e la globalizzazione rendono ogni componente interdipendente, un’interruzione nel sistema energetico o nelle forniture logistiche potrebbe innescare un effetto domino con conseguenze drammatiche.

Evento di Carrington (Flair)

In questo contesto, il kit di emergenza proposto dalla strategia europea non è solo un insieme di strumenti per affrontare crisi temporanee: rappresenta un monito sulla necessità di ripensare il nostro modello di vita. Riscoprire la capacità di autogestirsi e prepararsi ad affrontare imprevisti diventa essenziale per mitigare i rischi di una società troppo fragile e dipendente da sistemi centralizzati. Rafforzare la preparazione e la resilienza a livello individuale e collettivo può, in ultima analisi, costituire una risposta efficace a una realtà sempre più incerta e potenzialmente pericolosa.

In questo contesto, l’idea di una “decrescita felice”, così come sostenuta da Serge Latouche, offre uno spunto prezioso. La decrescita felice propone di ripensare il modello economico e sociale, promuovendo uno stile di vita che valorizzi l’autosufficienza, la sostenibilità e la qualità delle relazioni umane. Parallelamente, l’urbanistica alternativa si concentra sulla creazione di spazi e comunità resilienti, dove l’autogestione e la condivisione delle risorse diventano pilastri fondamentali, riducendo la dipendenza da infrastrutture vulnerabili. Un aiuto concreto potrebbe venire anche dalla diffusione dei sistemi di produzione energetica decentralizzata, come i pannelli solari e il micro-eolico.

Il kit di emergenza europeo, pertanto, non rappresenta solo una raccolta di strumenti per sopravvivere alle crisi, ma incarna anche un invito a ripensare il nostro modo di vivere.