Un poderoso documento/monumento sulla storia religiosa di Baiano

di Pasquale Colucci

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Particolare del dipinto raffigurante il ritrovamento della Croce, realizzato da Pompeo Landolfo nel 1610 per la chiesa di Santa Croce di Baiano.

 

Il contratto di transazione fra gli amministratori laici della chiesa di Santa Croce (Giulio dello Tufo, Domenico Sgambati e Agostino Coluccia) e il pittore napoletano Pompeo Landolfo, stipulato a Baiano il 21 settembre 1610, per mano del notaio Giuseppe Picciocchi, allorché fu redatto, fu certamente considerato un semplice atto notarile finalizzato a risolvere un contenzioso relativo ad un lavoro già commissionato all’artista nei mesi precedenti e nessuno degli “attori” intervenuti si rese conto, né poteva immaginare, di aver contribuito alla creazione di una fonte documentaria agevolmente inquadrabile in quella particolare categoria di fonti storiche che Jacques Le Goff ha definito «documento/monumento».

Il rogito, infatti, stabilendo definitivamente che la ‘cona’, dedicata a «l’Inventione et exaltatione della Croce», già abbozzata da Pompeo Landolfo per l’altare maggiore della chiesa di S. Croce di Baiano, dovesse essere terminata entro il venti del successivo mese di ottobre, per un importo di duecento ducati, fornisce i dati storici fondamentali di un’opera d’arte che è di straordinario valore per almeno due buoni motivi.

Un primo, indiscusso pregio del dipinto è, infatti, la sua attribuzione certa, in quanto – a differenza di molte opere dell’arte meridionale di età moderna – riporta chiaramente il nome dell’autore e l’anno di esecuzione (Pompeus Landolfus pingebat 1610).

A questa prima preziosità si aggiunge, poi, il valore propriamente artistico dell’opera, basato, tra l’altro, su una particolarissima “costruzione” iconografica che non si limita – come generalmente avviene nelle pale e nei quadri di capo-altare – a poche e ben precise figure, ma arricchisce i tre protagonisti centrali (la Croce con Sant’Elena e Costantino) con tutta una serie di personaggi minori e di scene relative al ritrovamento della Croce di Cristo o ad altri avvenimenti storici (come la famosa battaglia di Ponte Milvio), senza dimenticare – nella parte alta della tavola – il livello del soprannaturale con la Santissima Trinità, la Vergine e le schiere degli Angeli e dei Santi. Un impianto iconografico che fu indubbiamente una scelta dell’autore – all’epoca nel pieno della sua maturità artistica – ma che rispose, verosimilmente, anche ad una qualche precisa richiesta avanzata dai committenti, finalizzata alla creazione di un’opera dal forte impatto simbolico e, contemporaneamente, con marcate caratteristiche comunicative e didascaliche, estremamente importanti in un’epoca in cui il messaggio visivo era ancora l’unico strumento per trasmettere alle masse le verità di Fede e le “storie” ad esse correlate.

Portatore di suggestioni ancora più intense è, infine, il terzo livello iconografico che si dipana nella parte inferiore della tavola a simboleggiare l’intera umanità redenta dalla Santa Croce e rappresentata da diverse figure (forse ritratti dei committenti): al centro un uomo che, guardando verso l’alto, abbraccia la base della Croce, sulla sinistra una splendida, giovane dama, sontuosamente abbigliata, in ginocchio ai piedi si Sant’Elena con un bambino tra le braccia e, a destra, due figure maschili che parlano fra loro.

Insomma un preziosissimo tesoro per Baiano e per l’intera area avellano-baianese.

 

Bibliografia

S. Acierno (a cura di), La tela ritrovata, Baiano – Avellino, 2007;
G. Palmese Sarnella, Nuove fonti e opere ritrovate di Pompeo Landolfo, pittore manierista, in «Rivista Storica del Sannio», n. 2, 2010;
M. Mercogliano, Vis et Volo. I capitoli matrimoniali nella terra di Baiano (1604-1612), Avellino, 2023.


 

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