
Potrebbe mancare davvero poco alla caduta sulla Terra di un frammento del veicolo spaziale sovietico Kosmos 482, un relitto orbitante da oltre mezzo secolo e – a detta degli esperti – quasi indistruttibile nella fase di rientro.
Lanciato nel 1972 con l’obiettivo di raggiungere Venere, il velivolo non riuscì mai a lasciare l’orbita terrestre a causa di un malfunzionamento del razzo che lo trasportava. Oggi, dopo 53 anni, uno dei suoi componenti – verosimilmente il lander progettato per l’atterraggio sul pianeta – è destinato a rientrare in modo incontrollato nell’atmosfera terrestre.
Le ultime previsioni provenienti da diversi centri di monitoraggio forniscono stime leggermente divergenti. La stazione SatTrackCam Leiden, con sede nei Paesi Bassi, prevede il rientro per le 07:26 UTC di sabato 10 maggio (le 09:26 ora italiana), con una possibile variazione di circa 26 ore. Aerospace.org, invece, fissa il ritorno del detrito per le 05:10 italiane dello stesso giorno, sempre con un ampio margine di errore. Le incertezze si ridurranno solo a ridosso del rientro, ha spiegato Marco Langbroek, docente dell’Università della Tecnologia di Delft e curatore del blog di SatTrackCam, ricordando però che un esatto momento d’impatto rimane difficile da definire.
Più chiara, invece, la questione della zona potenzialmente coinvolta. L’area sulla quale potrebbe cadere il frammento è enorme e si estende tra i 52 gradi di latitudine Nord e Sud, comprendendo gran parte delle terre emerse del pianeta. Dall’intera Africa all’Australia, passando per buona parte dell’Asia, dell’Europa – Italia inclusa – e dell’America, sia del nord che del sud, numerosi territori restano sotto osservazione. In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, le zone centro-settentrionali e l’area tirrenica risultano quelle con maggiore probabilità di essere sorvolate dal relitto durante la fase di rientro.
Nonostante l’ampiezza dell’area potenzialmente coinvolta, il rischio concreto per persone e infrastrutture viene giudicato molto basso. La maggior parte del globo interessata dal tracciato orbitale, infatti, è occupata da oceani e aree scarsamente popolate. Jonathan McDowell, esperto di detriti spaziali dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, invita alla calma, pur ricordando che “nessuno vorrebbe che un oggetto del genere gli piombasse addosso”.
A rendere peculiare e potenzialmente più insidioso questo rientro è però la natura del detrito. Secondo le ipotesi degli scienziati, si tratterebbe del modulo di discesa della sonda Kosmos 482, progettato per resistere all’ambiente estremo di Venere, la cui atmosfera è circa 90 volte più densa di quella terrestre e altamente corrosiva. Proprio per questo, il lander era stato equipaggiato con uno scudo termico in grado di sopportare condizioni di calore e pressione estreme, rendendo più probabile che riesca ad attraversare l’atmosfera terrestre senza disintegrarsi. Le stime indicano che l’oggetto, con un diametro di circa un metro e una massa di 480 chilogrammi, potrebbe impattare il suolo quasi integro, spinto da una velocità prossima ai 70 metri al secondo, pari a oltre 240 chilometri orari. Non è chiaro se il paracadute si sia attivato, ma anche in tal caso il suo effetto sarebbe trascurabile in un rientro incontrollato come questo.
Si resta dunque in attesa di ulteriori aggiornamenti e di una più precisa definizione della traiettoria, mentre il frammento della fallita missione sovietica continua il suo lento e inesorabile avvicinamento al nostro pianeta, alimentando l’interesse – e una punta di preoccupazione – della comunità scientifica e del pubblico globale.