
Local and International “Farlocco” Awards e “La nobile arte di misurarsi la palla”
<Io ti premio>.
<Grazie di cuore! Ma in nome di chi o di cosa? E, soprattutto, a vantaggio di chi?> “.
Questo, in estrema sintesi, è il senso della questione.
Ormai ci sono più premi che sagre ma… qual è la loro effettiva valenza? E a chi giovano? Ai premiati o ai premianti?
La risposta, tutt’altro che scontata, è: ⟪dipende!⟫.
Una “fascetta” di un grosso premio letterario italiano (premio Bancarella, premio Strega, premio Campiello, ecc…) vale un incremento nelle vendite di almeno 20.000 copie e rappresenta un effettivo riconoscimento delle qualità del premiato, poiché assegnata da un’organizzazione di indiscutibile prestigio e rappresentatività.
Anche essere premiati da concorsi a torto ritenuti “minori” – ma molto qualificati, come il Premio Cimitile – ha un effettivo e considerevole valore.
Diverso è, invece, il caso dei premi “parrocchiali” o promossi da siti o blog sprovvisti di qualsiasi autorevolezza o titoli per conferire un premio che non sia “farlocco”.
Anche perché essi, molto spesso, non sono dotati né di un “comitato tecnico-scientifico” (ovvero, di un gruppo di persone qualificate in grado di comprendere e giudicare tutte le diverse categorie di candidati), né di un vero elenco di candidati (tra i quali scegliere chi premiare e chi no) né di una vera giuria, autorevole in tutti i settori (che, qualora ci sia, viene improvvisata all’ultimo momento).
Anzi, spesso, viene deciso tutto da una sorta di padre-padrone e all’oscuro dei suoi collaboratori, prostrati – non si capisce bene per quale motivo – ai suoi desiderata.
Una indiscutibile valenza hanno – sicuramente – i premi organizzati da Istituzioni, Enti locali (che hanno la chiara finalità di promuovere il territorio e di ringraziare chi aiuta e chi ha conferito onore alla sua terra o all’Ente premiante) e da Ordini o Organizzazioni professionali, Camere di Commercio, Organizzazioni imprenditoriali et similia (poiché dotati di giurie qualificate e titolate negli specifici settori, che hanno sicuramente l’autorevolezza per conferire riconoscimenti validi e che abbiano un reale significato).
Ma che dignità e valenza può mai avere – per i premiati – un “premio” organizzato, poniamo il caso, da una copisteria, da una microscopica tv-web o da un blog che scimmiotta i social al solo scopo di accumulare un po’ di click, senza essere né un Ente territoriale né un’organizzazione professionale specifica e riconosciuta, e senza una o più giurie di veri esperti, la cui autorevolezza in ognuno dei settori dei premiati sia unanimemente riconosciuta?
Insomma, senza rappresentare assolutamente niente e nessuno se non il proprio “marchio”?
A pensarci bene, in tali casi, si giunge a sfiorare il ridicolo!
Ed è strano che alcuni personaggi – taluni di effettivo prestigio – si facciano strumentalizzare così ingenuamente da scaltri personaggi solo per ricevere qualcosa (generalmente un targhetta di latta) senza alcun valore effettivo.
A questo punto, in compagnia di Seneca e Cicerone, potremmo chiederci: ⟪Cui prodest?⟫ ovvero: “a chi giovano?” queste farse?
Beh, a ben pensarci, la cosa non è particolarmente difficile da comprendere.
Il meccanismo psicologico è il seguente: se io invito il Papa o Elon Musk e costoro – non bene informati – accettano il mio premio, sarò io a venire automaticamente legittimato dalla loro illustre presenza e potrò così splendere di luce riflessa e aumentare i miei click (alla faccia anche dei miei ignari collaboratori)!
Insomma, ciò che capita è che il vero “premiato” finisca per essere il felice e scaltro “premiante”!
Eppure, e per fortuna, non tutti ci cascano: il terzultimo e l’attuale Papa . per esempio – non ci sono cascati: il primo ha rifiutato un quadro da un sedicente pittore dell’area nolana e il secondo ha rifiutato una laura ad honorem da una università meridionale.
Meditiamo…