
Nelle stanze del Vaticano si respira già un’atmosfera di attesa carica di tensione e speranza: saranno i 135 cardinali under 80, radunati nella Cappella Sistina, a decidere chi prenderà l’eredità di Francesco morto il 21 aprile 2025.
Tra i nomi più accreditati spicca quello di Pietro Parolin, classe 1955, la cui lunga carriera diplomatica e il ruolo di mediatore tra la Santa Sede e le grandi potenze gli valgono consensi trasversali tra le diverse correnti ecclesiali.
Dietro di lui, con un profilo che coniuga sensibilità pastorale e apertura al dialogo interculturale, figura Luis Antonio Tagle, filippino, ex presidente di Caritas Internationalis, apprezzato per l’attenzione dedicata alle periferie esistenziali.
Accanto a questi due candidati emergono anche voci più orientate alla tradizione: il cardinale Péter Erdő, 69 anni, ungherese, battitore di posizioni conservatrici ma rispettato per la sua esperienza alla guida del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa; Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, teologo capace di tessere ponti con la società civile e promotore di iniziative a favore dei migranti; e altri porporati come Anders Arborelius, Charles Maung Bo e Oswald Gracias, tutti eleggibili e pronti a giocarsi le loro carte.
Le regole sono quelle dettate dalla costituzione apostolica “Universi Dominici Gregis”, che stabilisce l’apertura del Conclave tra il quindicesimo e il ventesimo giorno dal decesso del Pontefice: in questo caso l’intervallo va dal 6 all’11 maggio 2025, anche se un emendamento firmato da Benedetto XVI potrebbe anticipare l’inizio appena saranno tutti presenti a Roma.
Dopo i tradizionali nove giorni di preghiera, conclusi il 4 maggio, molti osservatori non escludono che le urne possano aprirsi già tra il 5 e il 7, pur restando da valutare le esigenze logistiche e pastorali dell’organizzazione.
Il meccanismo elettorale, com’è noto, prevede fino a quattro scrutini al giorno e il rituale del “Extra omnes” prima dell’ingresso dei cardinali, che rimangono isolati da tutto il mondo esterno. Ogni scheda, in legno, viene deposta nell’urna a forma di calice; al termine di ogni votazione il rito prevede la combustione dei foglietti: fumo nero se nessuno raggiunge i due terzi dei voti validi, fumo bianco quando la maggioranza qualificata incorona il nuovo successore di Pietro. Appena l’eletto accetta il mandato e sceglie il suo nome di pontificato, la Chiesa di Roma potrà finalmente annunciare al mondo intero l’avvenuta scelta con il celebre “Habemus Papam”.
In attesa di quel momento, la Curia e i fedeli di tutto il pianeta seguono con trepidazione gli ultimi preparativi, consapevoli che, dopo giorni di silenzio e attesa, ogni fumo che si leverà dal comignolo sul tetto della Sistina racconterà il nuovo capitolo della storia millenaria della Chiesa cattolica.
Per i credenti, a ispirare la scelta del nuovo Papa sarà lo Spirito Santo.
l termine “conclave” nasce dal latino cum clave, cioè “chiuso a chiave”: all’origine indicava qualsiasi stanza serrata, ma ben presto, nel lessico della Chiesa, ha assunto il significato di luogo in cui i cardinali si rinchiudono per eleggere il pontefice.
La prima volta che il termine fu ufficialmente impiegato in questo contesto risale al pontificato di Onorio III nel 1216, ma la formalizzazione del conclave come procedura regolata avvenne nel 1274, con la costituzione apostolica Ubi periculum di Papa Gregorio X.
Questa regolamentazione fu introdotta dopo un episodio storico significativo: nel 1268, i cardinali riuniti a Viterbo impiegarono quasi tre anni per eleggere un nuovo pontefice. Esasperati, i cittadini li rinchiusero nel palazzo episcopale e rimossero il tetto dell’edificio per esporli alle intemperie, riducendo anche le loro razioni di cibo, nel tentativo di accelerare la decisione.Da allora, il conclave ha mantenuto molte delle sue caratteristiche rituali e simboliche. Oggi, i cardinali elettori si riuniscono nella Cappella Sistina, isolati dal mondo esterno, e votano a scrutinio segreto fino a raggiungere la maggioranza qualificata necessaria per eleggere il nuovo papa.
Il segnale dell’avvenuta elezione è il tradizionale fumo bianco che si leva dal comignolo della Sistina, mentre il nero ne indica l’esito negativo.
