
La tragedia della morte di Ana Sergia Alcivar Chenche, 46 anni, avvenuta lo scorso 7 giugno 2025, ha acceso i riflettori sulla pericolosa deriva degli ambulatori estetici abusivi.
La donna, cittadina ecuadoriana, ha accusato un grave malore durante una liposuzione eseguita in uno studio privo di autorizzazioni nel quartiere Primavalle di Roma.
Solo dopo ore di agonia, trascorse – pare – senza alcuna assistenza di emergenza (né defibrillatore, né cartella clinica, né un semplice kit di primo soccorso) è stata chiamata un’ambulanza privata che l’ha trasportata al pronto soccorso del Policlinico Umberto I.
Qui, però, ogni possibilità di salvarla si è spenta: Ana Sergia è deceduta sabato scorso, poco dopo il suo arrivo in condizioni disperate.
Le indagini coordinate dal pm Sergio Colaiocco hanno portato al sequestro della struttura e all’iscrizione nel registro degli indagati del chirurgo plastico José Lizarraga Picciotti, di un anestesista e di un’infermiera, tutti accusati di omicidio colposo.
L’autopsia, affidata all’Istituto di medicina legale del Verano e in programma per oggi 12 giugno 2025, potrà fare luce sulle reali cause del decesso, ma già emergono gravi responsabilità nella gestione dell’emergenza e nella scelta – inspiegabile – di far giungere Ana Sergia a oltre dieci chilometri di distanza, trascurando ospedali più vicini.
Per scongiurare episodi come questi, già da tempo, Carabinieri del Nas e magistratura hanno disposto – intensificandoli negli ultimi giorni -una serie di perquisizioni e controlli straordinari in tutta Italia, con l’obiettivo di individuare altre strutture clandestine.
In poco più di un mese sono state ispezionate 1.160 sedi dedicate a trattamenti di medicina estetica: su tutto il territorio nazionale i militari hanno individuato 14 centri sprovvisti dei requisiti minimi, procedendo al sequestro di apparecchiature elettromedicali, farmaci e dispositivi per un valore complessivo di circa 3,5 milioni di euro.
Nel corso delle verifiche, gli ispettori hanno contestato 32 illeciti penali – dall’esercizio abusivo della professione all’attivazione irregolare di ambulatori, fino alla detenzione di farmaci scaduti e alla falsificazione di attestati – e inflitto 156 sanzioni amministrative, per un totale di 130.000 euro di ammende.
Tali operazioni del Nas si inseriscono in un più ampio filone di interventi avviati dal Ministero della Salute dopo il moltiplicarsi di casi drammatici.
Tra le regioni più interessate, dal Lazio alla Campania, dal Piemonte alla Puglia, sono emerse strutture dove si praticavano infiltrazioni di tossina botulinica e impianti di filler senza alcuna garanzia igienico-sanitaria, spesso pubblicizzati online a prezzi stracciati. Il sequestro di siti web e la chiusura di portali non autorizzati costituiscono un tentativo di arginare una rete parallela difficilmente monitorabile.
Non è la prima volta che pazienti innocenti pagano con la vita la superficialità e la deregulation del settore. Nel febbraio 2023, Giuseppina Grande, 49 anni, morì dopo un’addominoplastica presso la clinica “Villa dei Fiori” di Acerra, finita sotto sequestro per omicidio colposo; pochi mesi dopo, la 21enne Alessia Neboso perse la vita a causa di un’infezione mortale insorta dopo una mastoplastica nella stessa struttura.
In entrambi i casi, la mancanza di standard minimi di assistenza post-operatoria e l’assenza di un coordinamento sanitario hanno reso vano ogni tentativo di soccorso.
Queste tragedie ribadiscono l’urgenza di un sistema di controllo capillare e di norme più severe: elenchi ufficiali dei centri accreditati, iscrizione obbligatoria degli operatori in albi dedicati, controlli periodici sulle infrastrutture e sui materiali impiegati.
Solo un’azione congiunta tra istituzioni, forze dell’ordine e comunità medica potrà costruire un modello di medicina estetica che unisca innovazione e sicurezza, proteggendo davvero chi si affida a questi interventi per migliorare la propria immagine e, talvolta, la propria vita.