
Se c’è una cosa di cui possiamo ormai fidarci, è l’inesorabile capacità di certi media di trasformare un qualsiasi sparuto litigio diplomatico in un trailer di blockbuster apocalittico: ogni mattina, mentre la moka borbotta e noi sbadigliamo in pigiama, ci ritroviamo ad assistere a titoli che annunciano l’“anno dello scontro finale”, la “guerra atomica”, chiaramente mondiale, con la stessa enfasi di un coro greco in delirio.
Addirittura fanno artatamente dire al presunte “Intelligenze Artificiali” – che si nutrono dei loro stessi articoli, li rielaborano e li risfornano – che la fine del mondo atomica è prossima e inevitabile!
E come come se non bastasse il susseguirsi di scenari geopolitici tutt’altro che pacifici (che ci ammorbano in ogni ora del giorno, e senza distinguere tra le cose verificate e quelle “supposte”) ecco spuntare il colpo da maestro: per avvalorare le più nefande previsioni, i loro “comunicatori” elettrostaticamente carichi (ovvero dei veri e propri cogl’ioni mediatici) non hanno esitato a tirare in ballo defunti veggenti (ciechi e non) e pastorelli iberici, nonché a ingaggiare maghi in cerca di visibilità e a riesumare il solito Nostradamus, che da secoli giaceva beatamente fra le pagine ingiallite e bacata di qualche edizione economica.
Nel frattempo, presunti sondaggi fra i cittadini europei effettuato operazioni di sfiancamento, affermando che un intervistato su due, forse uno su tre o forse anche uno su quattro, a seconda di quanti caffè avesse ingurgitato l’istituto demoscopico prima di suonare i telefoni, è convinto che la Terza Guerra Mondiale sia dietro l’angolo, pronta a scoppiare entro cinque anni, massimo dieci.
E così, immersi in questa spirale di ansiogeni titoloni allarmistici, l’unica via di salvezza sembra essere l’antico rito apotropeico del massaggio dei “metalli umani”; quei mitici gabazisi di cui parlava il commissario Montalbano, che in un’improbabile metafora siciliana ci ricordano come ogni tanto bisogni grattarsi via l’ansia e ricaricarsi di buonumore.
Detto questo, se proprio vogliamo esorcizzare le paure artificialemente indotte e restituire un minimo di buon senso all’informazione, non resta che unirsi a Totò nel recitare il suo irresistibile mantra: “agli e fravaglia fattura ca nin quaglia, e chi nun crede ‘nta sti cose è nu pazzo e na iettatura!”.
Ripetetelo tra un sorso di espresso e una risata, perché forse l’unica vera guerra che valga la pena di combattere è quella contro l’ammorbamento dei titoli catastrofisti.
D’altronde, se l’umanità è arrivata a nominare oracolo un’accozzaglia di chip e di algoritmi, possiamo sempre consolarci pensando che, in fondo, un sorriso e una buona dose di scetticismo siano davvero l’arma più potente a nostra disposizione.
Buona vita a tutti e che i vostri gabazisi restino ben oliati!