CAMPI PLEGREI – L’INGV corregge i calcoli: il terremoto del 13 marzo 2025 era M4,6 e non 4,4. Ovvero: il più forte mai registrato nell’area.

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L’ultima forte scossa ai Campi Flegrei, ora ricalcolata a 4,6 gradi Richter (con un’incertezza di ±0,3), rappresenta un aggiornamento significativo rispetto alla stima precedente valutazione, che la riteneva di 4,4 gradi di magnitudine, in quanto rappresenta la scossa più forte da quando si hanno le misurazioni strumentali nell’area flegrea.

La caldera, attiva da secoli, ha già mostrato in passato segnali premonitori di eventi eruttivi; ad esempio, nei due anni che precedettero l’eruzione del 1538 – quella che portò alla formazione del Monte Nuovo – il territorio registrò un innalzamento fino a 20 metri, accompagnato da un’intensa sismicità e dal ritiro del livello del mare lungo la costa, elementi che allarmarono gli abitanti e permisero loro di evacuare la zona.

Oggi, sebbene l’attuale fase di inflazione della caldera si manifesti con un sollevamento dell’ordine di 1,4 metri in aree critiche come il Rione Terra a Pozzuoli, la rivalutazione della scossa a 4,6 gradi ha riacceso il dibattito sul possibile collegamento tra l’attuale dinamica e quella che, nel passato, ha portato a un’eruzione.

Alcuni geologi, tra cui il Dott. Tozzi, sottolineano l’importanza di monitorare attentamente sia la velocità dell’innalzamento del suolo che la frequenza degli eventi sismici, poiché un’eventuale accelerazione dei parametri potrebbe far emergere segnali analoghi a quelli premonitori del 1538.
Tuttavia, gli avanzati sistemi di monitoraggio – che integrano misurazioni GNSS, rilevazioni satellitari e bollettini aggiornati in tempo reale – permettono oggi di distinguere con maggiore precisione le fluttuazioni cicliche naturali dai segnali anomali che potrebbero preludere a un evento eruttivo di maggiore entità.

I dati storici mostrano che, nonostante l’attuale fase di bradisismo sia parte di un ciclo naturale di sollevamento e subsidenza, la situazione odierna risulta significativamente meno estrema rispetto al periodo pre-eruttivo del Monte Nuovo.
Mentre allora il territorio fu interessato da variazioni drammatiche e da terremoti di intensità eccezionale, oggi l’attività sismica, pur in crescita, non presenta ancora evidenze di una risalita magmatica su larga scala. Le autorità di protezione civile, infatti, grazie a un continuo aggiornamento dei parametri e a sofisticati modelli di previsione, hanno predisposto piani d’emergenza capaci di tutelare oltre mezzo milione di abitanti in caso di peggioramento della situazione.

Quindi, sebbene il recente aggiornamento della magnitudo a 4,6 gradi e l’attuale inflazione del suolo richiamino alla mente le condizioni che, secoli fa, precedettero l’eruzione del Monte Nuovo, le evidenze raccolte finora indicano che l’attività vulcanica dei Campi Flegrei rientra in un ciclo naturale di bradisismo e ciò, nonostante gli allarmi lanciati da altri studiosi che suggeriscono maggiore prudenza.

Rimane, perciò, fondamentale una vigilanza continua e un’analisi multidisciplinare dei dati per intervenire tempestivamente qualora i parametri dovessero evolvere in modo critico, garantendo così la sicurezza della popolazione e la tutela del patrimonio storico e ambientale dell’area.