La crisi che sta investendo le principali case automobilistiche europee non è più una semplice fluttuazione del mercato, ma un segnale chiaro che le scelte fatte negli ultimi anni stanno portando a una necessaria revisione delle strategie. L’industria automobilistica, pilastro dell’economia europea e mondiale, è stata messa sotto pressione da normative stringenti che, pur avendo come obiettivo la tutela dell’ambiente, rischiano di compromettere la stabilità produttiva e l’occupazione.
L’Unione Europea, con il Green Deal, ha tracciato un percorso ambizioso verso le emissioni nette zero entro il 2050, fissando il divieto di nuove auto con motore a combustione interna dal 2035. Tuttavia, molte voci, incluse quelle dei principali produttori di automobili, stanno ora sollevando dubbi sulla sostenibilità di questo approccio. La transizione verso l’elettrico è certamente inevitabile e necessaria, ma è altrettanto evidente che tale processo deve essere gestito con pragmatismo e realismo.
Non è possibile prendere decisioni senza aver prima misurato il loro impatto con un senso di realtà. La spinta ideologica ha forse prevalso sul pragmatismo, portando a un’accelerazione che non ha considerato sufficientemente le conseguenze economiche e sociali. Oggi, le case automobilistiche chiedono tempo e un riequilibrio delle politiche, per evitare di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e di cedere il controllo del mercato a competitori globali, in particolare la Cina.
L’industria automobilistica cinese, infatti, si sta affermando in Europa con una forza travolgente, grazie alla produzione di veicoli elettrici a basso costo. Se non si troverà un equilibrio tra tutela ambientale e protezione della nostra industria, il rischio è quello di diventare dipendenti da un mercato estero che sta già invadendo il nostro continente.
Ma non possiamo ignorare l’altra faccia della medaglia: la mobilità è un elemento centrale per il funzionamento delle nostre economie. Intere città e regioni si muovono quotidianamente grazie a veicoli privati e commerciali che permettono alle persone di lavorare, alle merci di circolare e agli affari di prosperare. Senza una mobilità efficiente, si paralizza l’economia stessa. Tagliare drasticamente la produzione di veicoli a combustione interna senza avere ancora una soluzione concreta e accessibile su larga scala rischia di compromettere la stabilità economica.
È quindi necessario recuperare il controllo della situazione e fare scelte oculate. La politica deve prendere il timone e adottare una strategia che non si limiti a seguire le leggi del mercato globale, ma che protegga il nostro settore industriale, senza però rinunciare all’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale.
La sfida che ci attende non è semplice, ma deve essere affrontata con una visione chiara e bilanciata. La sostenibilità ambientale e la competitività industriale devono andare di pari passo, affinché si possa garantire un futuro prospero, equo e sostenibile per tutti.