Secondo i primi dati disponibili l’Irpinia perde altri 1.065 alunni, confermando un trend negativo che da anni affligge il territorio. La flessione nelle iscrizioni scolastiche non è un fenomeno isolato, ma il riflesso diretto di un’emorragia demografica che colpisce l’Irpinia in modo strutturale. A testimoniarlo sono i dati degli ultimi anni: 800 studenti in meno nel 2021/2022, 900 nel 2022/2023 e 1.000 nel 2023/2024.
La situazione è ancora più allarmante se si guarda al contesto regionale: anche Napoli, Salerno e Caserta stanno registrando un calo progressivo di alunni, segnale evidente di un “inverno demografico” che sta mettendo in crisi il sistema scolastico campano.
Il declino delle iscrizioni ha imposto una riorganizzazione forzata del sistema scolastico. Nell’ultimo anno, diversi istituti irpini sono stati accorpati per far fronte al calo degli studenti.
Tra le misure più emblematiche spiccano l’integrazione della Direzione Didattica di Solofra nell’Istituto Comprensivo “F. Guarini”, nonché la fusione dei plessi scolastici di Solofra e Montoro nel Liceo “V. De Caprariis”.
Inoltre, il Liceo “delle due Valli” (del Baianese e del Lauretano), come veniva chiamato l’Istituto “Nobile Amundsen” di Lauro (Av) è stato smembrato e il suo plesso di Mugnano del Cardinale è stato accorpato al “Colletta” di Avellino, quello di Avella al De Sanctis-D’Agostino-Amatucci, mentre quelli di Lauro e Marzano vanno al Pecorelli di Lauro.
Questi accorpamenti, seppur necessari per ottimizzare le risorse, sollevano interrogativi sulla qualità dell’insegnamento e sulla sostenibilità del sistema educativo in un territorio sempre più svuotato.
Alla base di questa crisi vi è un fenomeno ormai cronico: l’emigrazione giovanile. I giovani irpini continuano a lasciare la loro terra in cerca di migliori opportunità lavorative e condizioni di vita più favorevoli. Una tesi di laurea in demografia dell’Università di Napoli Federico II evidenzia come la crisi economica abbia aggravato il problema: la mancanza di opportunità lavorative, l’assenza di servizi e infrastrutture adeguate e la precarietà del mercato del lavoro spingono sempre più famiglie a lasciare l’Irpinia, portando con sé anche le nuove generazioni.
Le conseguenze sono evidenti: meno iscrizioni nelle scuole, meno giovani nel tessuto produttivo e un progressivo invecchiamento della popolazione. Questo circolo vizioso non solo erode il sistema scolastico, ma indebolisce il mercato del lavoro locale e aumenta il divario economico tra le aree interne e le grandi città. La provincia di Avellino si trova così in una spirale di declino difficile da invertire.
Di fronte a questa emergenza, il governo ha cercato di intervenire con iniziative di sviluppo locale. Il Ministero degli Esteri ha recentemente approvato il progetto “Radici”, finalizzato a incentivare il rientro degli emigrati e rilanciare l’economia del territorio. Tuttavia, la sfida è complessa: senza politiche strutturali per il lavoro, investimenti nelle infrastrutture e un piano di rilancio per la natalità, l’Irpinia rischia di continuare a svuotarsi.
L’emorragia demografica, il calo delle iscrizioni e la fuga dei giovani sono segnali inequivocabili di una crisi che richiede risposte concrete e tempestive. La domanda resta: saranno sufficienti le misure adottate per fermare lo spopolamento, o il declino dell’Irpinia è ormai irreversibile?