3 maggio 2025 – Giornata Mondiale della Libertà di Stampa: celebrazione globale e l’Italia fanalino di coda in Europa

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Il 3 maggio di ogni anno si rinnova l’appuntamento con la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, una ricorrenza istituita nel 1993 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite su invito della Conferenza Generale dell’UNESCO, che già nel 1991 aveva adottato la Raccomandazione di Windhoek sui principi fondanti di un’informazione libera e pluralista. Questo giorno non è solo un momento simbolico, ma un’occasione per riflettere sulle sfide concrete che i media affrontano ogni giorno, dalle pressioni istituzionali alle minacce violente, fino alle restrizioni legali che talvolta soffocano il diritto all’informazione.

Nel corso delle celebrazioni, che includono conferenze, dibattiti e proiezioni, l’ONU e l’UNESCO promuovono la difesa dell’indipendenza dei giornalisti e valutano lo stato della libertà di stampa nel mondo, rendendo omaggio a chi ha sacrificato la vita per il diritto di cronaca. L’obiettivo è riaffermare il ruolo del giornalismo come baluardo della democrazia, capace di mettere in luce ingiustizie e di favorire il dibattito pubblico, soprattutto in un’epoca segnata dalla disinformazione e dalla concentrazione dei media.

Accanto alle iniziative di sensibilizzazione, UNESCO conferisce ogni anno il Premio Mondiale per la Libertà di Stampa “Guillermo Cano”, istituito nel 1997 in memoria del direttore del quotidiano colombiano El Espectador, assassinato per le sue inchieste sui cartelli della droga. Il riconoscimento, del valore di 25.000 USD, viene assegnato da una giuria indipendente a persone o organizzazioni che si sono distinte per la difesa della libertà di stampa, spesso in condizioni di forte pericolo, e rappresenta un simbolo concreto di solidarietà internazionale nei confronti dei giornalisti sotto tiro.

Nonostante l’impegno globale, il quadro rimane preoccupante: l’ultimo rapporto di Reporters Without Borders segnala per il 2025 un calo generalizzato nei punteggi globali di libertà dei media, con meno di un paese su quattro in una situazione “soddisfacente” e la categoria “difficile” in crescita. Fenomeni come la concentrazione della proprietà dei media, le interferenze economiche e politiche, nonché le minacce alla sicurezza dei cronisti, delineano uno scenario in cui la funzione informativa fatica a trovare spazi di autonoma espressione.

In questo contesto, l’Italia emerge purtroppo come fanalino di coda tra i Paesi dell’Europa occidentale, collocandosi al 49° posto nella classifica 2025 di RSF, dietro a tutte le grandi democrazie continentali; un risultato che la pone ai margini delle garanzie di indipendenza e pluralismo garantite dai suoi vicini. La situazione italiana è aggravata da fattori endemici quali l’infiltrazione mafiosa, che limita il lavoro dei cronisti nel sud del Paese, e da una serie di gruppi estremisti che ricorrono alla violenza o all’intimidazione.

A rendere più complessa la cornice deontologica è il persistente ricorso alla legge sulla diffamazione di epoca fascista, utilizzata per far causa a giornalisti anche per singole frasi critiche; centinaia di querele vengono presentate ogni anno, alimentando un clima di autocensura e di rinuncia preventiva all’indagine critica. Questa tendenza crea un circolo vizioso in cui la paura di ripercussioni giudiziarie finisce per comprimere il diritto del cittadino a un’informazione completa e indipendente.

Sociologicamente, il risultato è l’indebolimento della fiducia nei media e delle relazioni tra giornalisti e comunità, con la percezione che il servizio pubblico, dalla carta stampata ai nuovi media digitali, tradisca la propria missione di controllore del potere. A questo si somma la difficoltà di creare reti di solidarietà professionale in un mercato sempre più frammentato e dominato da logiche di audience e di clickbait.

Sul fronte politico, le pressioni maggiori arrivano non solo da chi detiene il potere legislativo e governativo, ma anche dagli stessi editori, oggi sempre più schiacciati da modelli di business instabili e dalla dipendenza da finanziamenti pubblici e privati spesso poco trasparenti. In Italia, in particolare, la radiotelevisione pubblica ha assistito negli ultimi anni a una progressiva ingerenza politica, con nomine dall’alto e tagli al pluralismo interno, che hanno innescato proteste e scioperi dei giornalisti.

Dal punto di vista etico, l’attuale quadro invita a una riflessione profonda sul ruolo del giornalismo come servizio pubblico, chiamato a bilanciare l’esigenza di approfondimento con la responsabilità di non cadere nella retorica dell’audience facile o nella spettacolarizzazione dei fatti. È necessario ribadire la centralità del codice deontologico come strumento di autogoverno professionale, capace di tutelare la credibilità della categoria.

La Giornata Mondiale della Libertà di Stampa non è dunque una semplice celebrazione, ma un monito quotidiano: la libertà dei media è un bene comune, che richiede il sostegno di istituzioni, cittadini e colleghi. In un momento in cui le minacce si moltiplicano, prendere posizione a difesa dei cronisti significa difendere la democrazia stessa, affinché il 3 maggio resti sempre un’occasione di speranza e non un triste promemoria delle manchevolezze recenti.