Sono passati trentatré anni dalla bomba che il 23 maggio 1992 fece esplodere circa mezzo quintale di tritolo sotto l’autostrada A29, nel tratto di Capaci, mietendo la vita del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Quel drammatico attacco – ordinato da vertici di Cosa Nostra – non mirava solo a togliere di mezzo il magistrato simbolo della lotta antimafia, ma a seminare paura in tutta la collettività.
In pochi istanti, la carreggiata si trasformò in un inferno di fiamme e macerie, spezzando una famiglia e annientando gli uomini chiamati a proteggerla. Falcone, vero protagonista del maxi-processo che aveva messo sotto processo centinaia di boss siciliani e introdotto strumenti investigativi innovativi, pagò con la vita il suo coraggio e la sua determinazione nell’attaccare i cuori finanziari e strutturali dell’organizzazione mafiosa. Anche la figura di Francesca Morvillo, giudice stimata e appassionata di diritto penale, venne travolta da quella deflagrazione.
L’eccidio di Capaci rappresentò un punto di non ritorno: molte famiglie, scuole, associazioni e istituzioni in tutta Italia reagirono con manifestazioni di piazza, momenti di riflessione e un rinnovato sostegno alle indagini. Era la prima parte di una sequenza drammatica: pochi mesi più tardi, nella strage di via D’Amelio, Paolo Borsellino e la sua scorta furono colpiti con identica violenza, confermando la ferocia del progetto mafioso di demolire lo Stato dall’interno.
Il sacrificio di Falcone non è rimasto senza frutto. Le sue idee hanno alimentato profonde trasformazioni legislative: sono nate nuove norme contro le associazioni mafiose, si è rafforzata la collaborazione tra magistratura e forze dell’ordine, ed è cresciuta la consapevolezza civile che accompagna ogni anno la commemorazione di quella strage. Da molti anni, scuole e comunità onorano la memoria del giudice con iniziative didattiche e momenti di incontro, perché il principio di legalità non resti una formula vuota, ma un impegno quotidiano.
Oggi, ricordando Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i tre agenti caduti, l’Italia rinnova la sua promessa: mantenere viva la memoria di chi ha dato la vita per la giustizia e trasformare quel dolore in strumenti concreti di contrasto a ogni forma di criminalità. Le vittime di Capaci continuano a parlare attraverso il nostro senso di responsabilità, invitandoci a non abbassare mai la guardia contro mafia e corruzione.
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