L’undici aprile del 1835, la regina Maria Cristina di Savoia compì la sua prima visita al santuario di Santa Filomena a Mugnano del Cardinale, accompagnata dal marito, Ferdinando II di Borbone, re del regno delle Due Sicilie.
Nata a Cagliari il 14 novembre del 1812 da Vittorio Emanuele I re di Sardegna e da Maria Teresa d’Asburgo d’Este, Maria Cristina visse in seno alla propria famiglia sino all’età di vent’anni, allorché – a seguito di laboriose trattative diplomatiche – sposò Ferdinando II di Borbone, all’epoca ventiduenne e già da due anni sul trono di Napoli.
Come sottolinea chiaramente lo storico Raffaele De Cesare, «quel matrimonio non fu voluto da lei» ed, infatti, finché visse la madre, Maria Cristina, per la sua indole mistica e profondamente religiosa, oppose più volte il suo netto rifiuto, ma alla fine, soprattutto per le insistenze di Carlo Alberto (all’epoca re di Sardegna e capo di Casa Savoia), la giovane principessa acconsentì alle nozze, che furono celebrate nel santuario dell’Acquasanta a Genova Voltri il 21 novembre 1832.
Sul ménage fra i due giovani sposi – evidenzia la storica Renata De Lorenzo – «fiorirono aneddoti circa la bizzarria del re, che canzonava la moglie per i suoi scrupoli religiosi o le faceva scherzi inopportuni. Molti biografi scrivono perciò di matrimonio infelice, in un paese lontano, in un ambiente angustiato dai litigi fra il re e la madre Maria Isabella, per la vita scandalosa di quest’ultima, e fra il re e i fratelli, i principi Carlo e Antonio: versione, questa, smentita da Croce che, sulla base delle lettere di Maria Cristina a parenti e amici e delle testimonianze di inviati di Carlo Alberto, sostiene che a Napoli fu felice, malgrado le abitudini plebee del marito, al quale a suo modo fu legata [… e sul quale] ebbe un’incidenza benefica, rendendolo più mite verso i condannati a morte, più semplice nei rapporti» (Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 70).
In questo contesto si svolse la visita della coppia reale al santuario di Mugnano del Cardinale, che all’epoca era già molto conosciuto in tutto il regno per una lunga serie di miracoli attribuiti a Santa Filomena, abilmente ed intelligentemente divulgati attraverso la famosa Relazione istorica pubblicata in diverse edizioni da don Francesco di Lucia, il sacerdote che nel 1805 aveva personalmente curato la traslazione delle reliquie della Santa da Roma a Mugnano del Cardinale.
Nella mattinata dell’undici aprile 1835, dunque, i reali di Napoli giunsero al santuario di Mugnano, ove furono accolti dal vescovo di Nola mons. Gennaro Pasca, il quale celebrò poi la messa all’altare di Santa Filomena. Successivamente, secondo le poche notizie riportate da Antonio Iamalio, Ferdinando e Maria Cristina «baciarono devotamente le ampolline cruentate [contenenti il sangue] della Martire, accettarono dal Custode D. Francesco Di Lucia una reliquia delle sacre ossa, e dopo aver elargite elemosine ai poveri del paese assiepati intorno alla vettura reale, ripartirono per la Capitale».
Benché svoltasi in forma privata (e dunque non resa nota attraverso il “Giornale del Regno delle Due Sicilie” che registrava tutti gli impegni ufficiali dei sovrani) e nonostante sinora sia stata sostanzialmente ignorata dai biografi di Maria Cristina, la visita al santuario di Mugnano non fu in realtà una casuale o banale gita fuori porta, ma – come sottolinea anche lo Iamalio – essa fu decisa per impetrare all’altare di Santa Filomena la grazia di un figlio, che sino a quel momento non era ancora arrivato e che rappresentava, per Ferdinando e Maria Cristina, una questione di primaria importanza anche per comprensibili motivi di ordine politico e dinastico. E difatti, non a caso, appena Maria Cristina – qualche settimana dopo l’anzidetta visita – fu certa di essere in stato interessante, ordinò che fosse celebrato un triduo di ringraziamento proprio nel santuario di Mugnano del Cardinale.
Circa nove mesi più tardi, il 16 gennaio 1836, «gli abitanti della Capitale, che dalla fine di dicembre attendevano il lieto evento, appresero dalla salve dei cannoni dei castelli che la Regina aveva avuto la sua prima creatura e grande fu l’esultanza allorché vennero a conoscenza che il Regno delle Due Sicilie aveva il Principe Ereditario» (G. Dell’Aja).
Ben presto, però, il giubilo si trasformò in profonda amarezza giacché a causa di una grave forma di sepsi puerperale, all’epoca abbastanza frequente, il 31 gennaio 1836 Maria Cristina, munita dei conforti religiosi, rese l’anima a Dio nell’universale compianto del popolino che già la chiamava la «reginella santa».
Oltre alla visita dell’11 aprile 1835, secondo Antonio Iamalio, Maria Cristina di Savoia – per esternare la propria gratitudine verso Santa Filomena – durante la gravidanza, «tornò con animo grato altre due volte al santuario, sola; ma più che dalla nuova Taumaturga, ella si sentì potentemente attratta dal bellissimo simulacro della Vergine titolare della chiesa, creduto opera di un Colombo, ma certo di eccellente scalpello napoletano del sec. XVII. Fu tale l’entusiasmo e la materna tenerezza che le ispirò quella immagine gentile, che Ella chiese a Papa Gregorio XVI che la festività della Vergine delle Grazie, ricorrente il 2 luglio, fosse dichiarata di doppio precetto in tutto il Regno; e fu esaudita. In segno della sua materna gratitudine, portò anche in dono alla Vergine un Cuore d’oro massiccio, del peso di sette once; il quale poi, per provvedere, come si disse, alle spese di culto, fu stupidamente venduto. La munificente Regina donò anche al Santuario un ricco piviale di doppio raso bianco ricamato in oro, opera del regio opificio serico di S. Leucio».
Bibliografia
R. De Cesare, La fine di un regno, Città di Castello, 1908-19093.
G. Dell’Aia, Nel 150° della morte della Venerabile Serva di Dio Maria Cristina di Savoia regina delle Due Sicilie, Napoli, 1986.
A. Iamalio, Maria Cristina di Savoia e Ferdinando II Borbone in Mugnano del Cardinale, in “Rivista Storica del Sannio”, II (1916), 3.