Furti nel Baianese. Il punto della situazione e considerazioni socio-folkloristiche e costituzionali.

by "Il Falco Pellegrino"

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   La notizia che ha fatto discutere è che un 26enne di Mugnano del Cardinale, sospettato di essere un basista di una banda di topi d’appartamento che ha vessato il Baianese per circa un mese, venne tratto in arresto dai Carabinieri del Comando Provinciale di Avellino a fine dicembre scorso e che, forse per un caso fortuito, dopo tale evento cessarono improvvisamente i furti nelle abitazioni.

  Si trattava dello stesso giovane che era stato fermato, qualche giorno prima di Natale, dopo un rocambolesco inseguimento per le strade di Baiano. In quella occasione, mentre procedeva sulla nazionale, il sospettato – alla vista dell’auto dei carabinieri – si era immesso con la sua vettura in una strada a senso unico, procedendo controsenso verso il centro di Baiano. Inseguita dai militari, l’auto si era poi venuta a trovare di fronte a un altro veicolo e, per evitarlo, non aveva esitato a balzare sul marciapiede. Alla fine l’auto venne bloccata a pochi metri dalla Chiesa di Santo Stefano. Le fasi dell’inseguimento furono riprese dalle telecamere poste sulla rotonda adiacente alla Clinica Villa Maria, di Baiano e da alcuni cittadini dai loro balconi, e i relativi filmati hanno fatto il giro dei Social.

Una fase dell'inseguimento presso la rotonda adiacente la clinica Villa Maria, di Baiano.

   In un primo momento si era diffusa la voce che il giovane avesse tentato di far perdere le sue tracce perché privo della patente. Ma questa ipotesi apparve poco credibile e venne poi accantonata allorquando, in seguito all’ispezione veicolare, nell’auto del giovane, già noto per spaccio di stupefacenti, vennero rinvenuti un tirapugni, tre coltelli e un borsone contenente cacciaviti, taglierini, pinze, chiavi esagonali, calamita telescopica e fili di ferro per saldature. Insomma: tutti attrezzi che, obbiettivamente, non corrispondono alla dotazione standard delle autovetture.

   Secondo quando si apprese dalla stampa locale, al sospettato vennero poi sequestrati tre cellulari, dal cui esame si disse che venne ipotizzato il suo coinvolgimento, quantomeno come basista, nella catena dei furti che hanno interessato il Mandamento nell’ultimo mese.

   Per il 26enne, di cui nessun giornale fece il nome, difeso dall’avvocato Nicola D’Archi, scattò quindi l’arresto, e il GIP (Giudice per le indagini preliminari) del Tribunale di Avellino dispose l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini continuano a procedere, e in modo serrato, allo scopo di verificare ulteriormente quanto acquisito e di individuare i presunti complici.

   Oltre agli episodi di cronaca, talora amplificati e perfino deformati da alcuni “comunicatori” e dal chiacchiericcio sui Social, è interessante considerare alcuni aspetti sociologici che comprendono anche alcune considerazioni sul ruolo della stampa e sul diritto alla privacy e che, in qualche caso, sfiorano il folklore e, persino, il tragicomico.

Ma partiamo dai fatti.

   La banda di topi di appartamento prendeva di mira soprattutto le abitazioni situate nei luoghi meno frequentati e più periferici – dai quali era più facile dileguarsi nelle campagne – e quelle più vicine alle vie di fuga, come la Via Nazionale o il casello autostradale di Baiano. Preferendo insinuarsi in quelle abitate da persone anziane oppure le abitazioni lasciate incustodite per gran parte della giornata. In altri casi, però, i ladri non hanno esitato a entrare nelle case in presenza dei proprietari e, a Quadrelle, sono penetrati in casa mentre una ragazza era sotto la doccia. A Sirignano, invece, un uomo accortosi del loro tentativo d’intrusione li ha inseguiti per i tetti ed è precipitato per alcuni metri, per fortuna senza conseguenze letali.

   Gli abitanti del Mandamento, i Sindaci e le Forze dell’Ordine non sono rimasti con le mani in mano e – si suppone e si sussurra – neppure gli eventuali e ipotetici “malviventi locali” operanti in altri settori del malaffare, le cui attività avrebbero sofferto un oneroso rallentamento a causa dell’intensificarsi dei controlli sul territorio da parte delle Forze dell’Ordine.

   I cittadini più giovani, da parte loro, si sono prontamente organizzati in ronde ben strutturate (con tabelle orarie a rotazione, percorsi non prevedibili, luoghi di appostamento strategici e comunicazioni continue tramite cellulari). Ma, a giudicare da alcuni commenti, non è escluso che i ladri abbiano messo in atto delle azioni diversive, diffondendo voci di falsi tentativi di furto in una certa zona mentre, in realtà, si preparavano a violare le abitazioni situate in tutt’altro luogo.

   E, forse, è proprio da questo “modus operandi” che è scaturita la differenza riscontrata tra il numero di furti “percepiti” dalla popolazione (oltre 60) e quelli denunciati ai Carabinieri e risultanti in Prefettura (circa una quindicina), nonché il diffondersi di una vera e propria psicosi che ha portato, tra l’altro, a un repentino aumento di installazioni di impianti di antifurto.

   Per fortuna, questo comprensibile moto di autodifesa non è sfociato in tragedie. Ma, in qualche caso, c’è mancato davvero poco. Per esempio, si racconta che un simpatico e prestante cultore dell’attività fisica, che ha l’abitudine di fare delle corsette serali per le strade meno inquinate dagli scarichi delle autovetture e – perciò – più isolate, sia stato “intercettato” da alcuni volenterosi giovanotti appostati su un tetto che gli avrebbero intimato l’alt sparando, addirittura, un colpo di fucile da caccia in aria, con la minaccia che avrebbero abbassato il tiro se il malcapitato, che indossava anche un cappuccio e uno zainetto, non si fosse fatto riconoscere immediatamente!

   Non solo, ma, mentre i Sindaci del Mandamento, nessuno escluso, si attivavano con tutti i mezzi a loro disposizione (pressioni sulle Autorità competenti, allertamento dei vigili urbani e, in qualche caso, facendo ricorso ai servizi di istituti di vigilanza privata) non è mancato chi, proprio come il castratore di canguri della famosa barzelletta, ha pensato bene di sfruttare questa occasione per cogliere – come si dice – la “palla al balzo” al fine di recuperare un po’ di visibilità, attaccando un po’ tutti per la presunta inerzia.

   In verità, bisogna riconoscere che tutte le Istituzioni hanno compiuto appieno il loro dovere. A partire dai Sindaci, che hanno compiuto tutti i passi da essi ritenuti utili, ai Carabinieri di Baiano, di Avella e del Comando Provinciale, al Comando della Guardia di Finanza di Baiano, fino al Prefetto di Avellino, dott.ssa Paola Spena.

   Anche i comuni cittadini, nel complesso, hanno assunto un comportamento più che responsabile: da un lato, hanno dimostrato di essere persone responsabili e, dall’altro, di non essere disposti a rimanere con le mani in mano e di subire passivamente le angherie di gruppetti di malviventi.

   Anche il potenziamento dei controlli sul territorio, chiesto da tutti i Sindaci all’incontro con il Prefetto tenutosi il 19 di dicembre, è un aspetto da tenere in considerazione. Anche perché – oltre ai problemi già noti alle Forze dell’Ordine – per il Mandamento circolano quotidianamente, oltre a quelle locali, circa 18.000 autovetture provenienti dall’esterno (in massima parte dall’area napoletana e, in misura minore, dal Casertano e dal Salernitano) e sono tutt’ora in aumento i furti ai danni delle marmitte delle auto, a causa dei metalli contenuti nei loro catalizzatori.

  A tutto ciò si sono aggiunte, nell’ultima settimana, alcune polemiche a proposito della presunta “invadenza” di certa stampa locale (che, a scanso di equivoci, non comprende il presente giornale, non ancora pubblicato online). Ciò perché pare che qualche difensore delle persone indagate abbia dichiarato che – al momento – le indagini non avrebbero mostrato collegamenti tra i loro assistiti e la serie di furti di cui si sta discutendo. Ora, effettivamente, quanto è accaduto si presta a tutta una serie di considerazioni che spaziano dal sacrosanto diritto della giusta tutela delle persone coinvolte e/o indagate ai diritti fino ai quelli, parimenti sacrosanti dei cittadini, di essere informati e dei giornalisti di informare i propri lettori (Art. 21 della Costituzione), chiaramente, ponendo in essere tutte le cautele che la delicatezza della questione e la deontologia professionale richiedono.

  Ebbene, onestamente, a parte un filmato diffuso in cui si vede il volto non pixellato del presunto basista nell’auto dei Carabinieri, ci pare che, tutto sommato, la comunicazione sia stata svolta in maniera corretta (cioè, senza riportare nome e cognome del sospettato, evitando così di esporlo alla berlina). Forse, qualche testata giornalistica avrebbe potuto usare i tempi verbali condizionali al posto di quelli indicativi, ma nulla di diffamatorio o di impreciso è stato detto. Quantomeno nei reportage che abbiamo avuto modo di visionare.

   Rimaniamo in attesa degli eventuali ulteriori sviluppi.