
In Italia le giustissime ambizioni dei giovani. orientate alla realizzazione del loro progetto di vita e al soddisfacimento delle loro passioni, si scontrano sempre più con le alienanti, scarse e spesso grigie opportunità disponibili. Ormai l’individuo è visto come un semplice ingranaggio dello squilibrato e oligoreferenziato sistema socioeconomico. Egli – se non fa parte della élite – deve solo produrre e, quando va bene, accontentarsi di una paghetta che gli consente a malapena di restituire al “sistema” tutto il ricavato (sottoforma di mutui, o per le spese di dieci giorni di ferie all’anno. È chiaro che questa visione strumentale dell’essere umano non può essere accettato da chi vorrebbe soddisfare le pulsioni umanistiche interiori ed esteriori. E la situazione non sembra destinata a migliorare, in considerazione dello sviluppo delle intelligenze artificiali e della robotica, che sposteranno ulteriormente le risorse verso chi può disporre dei capitali per implementare queste nuove tecnologie nelle sue attività economiche.
Nel complesso, le nuove generazioni guardano al lavoro con un crescente scetticismo e si osserva una crescente diffidenza verso il lavoro, influenzata da un prolungato soggiorno nel nucleo familiare, ulteriormente esacerbato dalla riduzione delle risorse economiche disponibili dalle famiglie, vittime della congiuntura economica e dalla continua sottrazione di risorse di cui sono vittime. In questo contesto, l’obiettivo dell’indipendenza per gli under 35 diventa sempre più arduo da raggiungere senza l’appoggio di politiche pubbliche appropriate. Chi ha la possibilità di scegliere un lavoro decente aspetta, chi non ha la possibilità accetta qualsiasi tipo di lavoro a qualsiasi costo. E questa seconda opzione non dovrebbe essere accettabile per nessuno, poiché il lavoro non deve essere considerato solo un disperato mezzo di sussistenza ma anche un’opportunità di realizzazione personale e di sviluppo collettivo.
In generale, l’aspettativa di autonomia per i ragazzi, se non sorretta da politiche pubbliche, diventa sempre più difficoltosa. Come risolvere la questione? I sociologi esperti consigliano di porre attenzione non solo alla quantità ma anche alla qualità della domanda di lavoro e che, come accennato, non incontra più del tutto le esigenze dei giovani, molto diversi dalle generazioni passate. Oggi non è più interiorizzata infatti l’etica del lavoro come sacrificio a tutti i costi, perché non ce più nemmeno la prospettiva di riscatto che esisteva, per esempio, in Italia quando i boomer stavano entrando nel mondo del lavoro. Oggi il percorso lavorativo classico che, in passato, aveva un suo sviluppo nel tempo sia a livello di stipendio sia a livello di carriera, è molto meno frequente, e l’intero sistema è diventato – come ha ben descritto Zygmunt Bauman – così “liquido” da diventare ansiogeno e alienante.
A questo contesto è legato anche il tema delle Grandi Dimissioni, e al rifiuto di mettere al centro il lavoro come priorità di riformulazione dell’agenda di vita, e che non colpisce i giovani, bensì le generazioni più adulte come i Millennial o la Gen X (nel 2022 il Ministero del Lavoro ha registrato quasi 2 milioni di dimissioni totali).
Ma, in definitiva, cosa richiedono i giovani? Essenzialmente, condizioni di lavoro stimolanti, meritocrazia, inclusione e, soprattutto, la parità (retributiva, di genere, di opportunità, di rappresentanza, di accesso all’assistenza e ai benefit). Soprattutto, chiedono la stabilità economica che gli consenta di creare una famiglia e di avere dei figli da poter sostenere in maniera decorosa.