
Rimane in funzione l’Istituto a custodia attenuata per madri detenute di Lauro (Av): con il trasferimento di una 27enne di San Martino Valle Caudina, accompagnata da altre due detenute e dai loro quattro bambini, la struttura torna operativa dopo lo svuotamento di marzo.
La conferma ufficiale dello status quo risale al 12 maggio, quando il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto all’interrogazione della senatrice Ada Lopreiato, precisando che “non vi è, allo stato, alcun decreto di chiusura o di diversa destinazione” per l’Icam di Lauro, istituito con decreto ministeriale del 3 ottobre 2016 e dotato di 20 camere per 50 posti regolamentari.
Dietro questo spiraglio si era profilata, a fine febbraio, la chiusura definitiva: il trasferimento coatto delle ultime detenute madri aveva sollevato un’ondata di proteste da parte delle forze politiche locali. La senatrice del Pd Valeria Valente aveva definito la scelta “grave e sbagliata”, annunciando un’interrogazione in Senato per denunciare il mancato rispetto del principio di territorialità della pena e delle esigenze di reinserimento dei nuclei familiari. In quel frangente, l’immediato coinvolgimento del Garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello aveva evidenziato le ripercussioni sui bambini, costretti a interrompere la frequenza scolastica e a perdere il supporto delle comunità di origine.
Anche l’amministrazione comunale di Lauro non aveva fatto mancare la propria voce: lo scorso 18 marzo il sindaco Rossano Sergio Boglione, insieme al vicesindaco e consigliere provinciale Giuseppe Graziano, si era recato a Napoli per un incontro con il Garante Ciambriello e con i vertici regionali, sollecitando per iscritto il ministro Nordio a garantire la salvaguardia di un presidio “umano e riabilitativo di fondamentale importanza” per madri e bambini.
Oggi, con la struttura nuovamente attiva, si attendono le decisioni sul suo pieno rilancio: sul tavolo resta la richiesta di stabilità normativa e finanziaria per permettere all’Icam di Lauro di continuare a svolgere il suo ruolo unico nel Mezzogiorno, tutelando il legame madre-figlio e assicurando percorsi di recupero e inclusione sociale.
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