I DSA in Italia: diagnosi efficaci e inclusione per un futuro educativo equo

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Da un’attenta analisi dei dati e dalla riflessione di esperti del settore emerge un quadro complesso e articolato sull’evoluzione e la distribuzione dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) nelle scuole italiane. Secondo le stime ufficiali del Ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico 2022/2023, gli studenti con DSA rappresentano circa il 6% del totale degli iscritti, con una crescita moderata rispetto agli anni precedenti, che si attesta intorno a un incremento inferiore a mezzo punto percentuale rispetto ai dati del 2014/2015. Questo trend, ritenuto affidabile anche dall’Associazione Italiana Dislessia (AID), viene interpretato dagli specialisti come frutto di una maggiore sensibilizzazione, formazione del personale e capacità diagnostica, sebbene permangano critiche riguardo a procedure diagnostiche e possibili “business” nel settore privato.

Gli incrementi costanti, pur contenuti, indicano che la diagnosi precoce e il riconoscimento dei DSA hanno fatto significativi passi avanti. Alcuni esperti sostengono che tali aumenti siano dovuti non tanto a un reale aumento dei casi quanto a una migliore identificazione delle difficoltà attraverso test e screening mirati. Il professor Carlo Di Pietrantoni, dirigente analista di epidemiologia, ha evidenziato come il sistema, pur avendo raggiunto un plateau nelle certificazioni, mostri ancora notevoli differenze territoriali: le regioni del Nord-Ovest registrano percentuali superiori (7,9%) rispetto alle regioni meridionali (2,8%), suggerendo una possibile sotto-diagnosi nelle aree meno supportate dal sistema sanitario..

Un contributo importante viene dalla ricerca accademica che evidenzia la complessità dei criteri diagnostici. In particolare, gli studi basati sulle Linee Guida per la gestione dei DSA (ISS, 2022) sottolineano l’importanza di valutare non solo il livello di difficoltà nei compiti di lettura, scrittura e calcolo, ma anche il “ritardo” rispetto ai parametri normativi per età, utilizzando criteri basati su deviazioni standard e percentili.
La diagnosi, pertanto, non è univoca e richiede un’approfondita collaborazione tra specialisti, insegnanti e famiglie, che devono concordare un percorso personalizzato.

Le note disparità regionali hanno acceso il dibattito tra gli esperti. Mentre nel Nord-Ovest e in alcune regioni del Centro le percentuali di diagnosi si avvicinano ai livelli previsti dalla letteratura internazionale (intorno al 6-7%), nel Mezzogiorno i dati risultano drasticamente inferiori, con alcune regioni che registrano percentuali inferiori al 3%. Secondo Lucia Iacopini, pedagogista e membro del comitato scientifico AID, “le forme lievi emergono quando il carico di lavoro aumenta e la richiesta di prestazione si fa più stringente, rendendo evidente il bisogno di una diagnosi tempestiva e accurata”.

Le criticità non riguardano solo la diagnosi: un ulteriore nodo da sbloccare è la tempistica degli interventi. Numerosi studi accademici hanno dimostrato che una diagnosi tardiva compromette l’efficacia dei programmi di potenziamento scolastico e terapeutico, evidenziando come l’intervento precoce possa ridurre le componenti emotive negative e favorire una migliore integrazione educativa.

La letteratura scientifica, tra cui le ricerche pubblicate su riviste di riferimento come il Journal of Learning Disabilities, conferma che la diagnosi di DSA, se basata su criteri standardizzati e metodologie rigorose, permette di ottenere dati affidabili e comparabili a livello internazionale. Secondo uno studio condotto da Cornoldi e Lucangeli (2004), ad esempio, la definizione dei parametri di valutazione – come la rapidità e la correttezza delle prestazioni – è cruciale per distinguere tra difficoltà scolastiche generali e veri disturbi specifici, ponendo le basi per interventi mirati e personalizzati.

Anche nel contesto universitario si assiste a un cambiamento nelle modalità di supporto agli studenti con DSA. Le normative, aggiornate periodicamente, prevedono l’uso di strumenti compensativi e misure dispensative che includono tempo aggiuntivo durante le prove d’ingresso e l’accesso a tecnologie assistive. Le Linee Guida per gli studenti con DSA, approvate dal Ministero, sottolineano l’importanza di un “tutorato” e di servizi di mediazione didattica per favorire il successo accademico, anche in ambito universitario, dove la validità della diagnosi deve essere rinnovata ogni tre anni.

Verso un sistema più inclusivo e omogeneoIl quadro italiano, sebbene in evoluzione, rimane diviso da significative disomogeneità territoriali. Gli esperti invitano a un rafforzamento delle reti di diagnosi e intervento, in particolare nelle regioni meridionali, per garantire un supporto equo a tutti gli studenti. Come sottolineato in una recente analisi di Zoccolotti, sebbene l’incremento percentuale delle certificazioni indichi una maggiore attenzione al fenomeno, il divario Nord-Sud mette in luce una carenza strutturale nel sistema, che deve essere affrontata con politiche mirate e una migliore distribuzione delle risorse.

In definitiva, la crescente sensibilizzazione verso i DSA, sostenuta da contributi accademici e dati statistici ufficiali, sta aprendo la strada a un sistema educativo più inclusivo e attento alle esigenze di tutti gli studenti. La sfida futura risiede nel garantire un’applicazione omogenea delle misure diagnostiche e di intervento su tutto il territorio nazionale, affinché ogni studente possa sviluppare pienamente il proprio potenziale, indipendentemente dalla regione di provenienza.