
Tra il 14 e il 16 maggio 2025, il Sud Italia potrebbe essere investito da un ciclone con caratteristiche simili a quelle degli uragani tropicali, noto come “medicane”. Le regioni maggiormente esposte sono Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia, dove si attendono piogge torrenziali, venti che potrebbero superare i 100 km/h e mareggiate lungo le coste.
Le autorità locali hanno già attivato i sistemi di allerta e invitano la popolazione alla massima cautela, mentre la Protezione Civile monitora costantemente l’evoluzione del sistema.
Il termine “medicane” è una fusione tra “Mediterranean” e “hurricane” e descrive un fenomeno ciclonico raro, ma sempre più frequente. Questi sistemi atmosferici, sebbene nati in un contesto geografico diverso rispetto ai veri uragani, presentano caratteristiche molto simili: un occhio ben definito, simmetria circolare, un nucleo caldo e precipitazioni molto intense.
In occasione del ciclone atteso, sono previste cumulate di pioggia che potrebbero raggiungere o superare i 200 mm in 48 ore in alcune aree, con elevato rischio di alluvioni lampo e frane.
Si tratta di uno spessore di 20 cm di acqua corrispondenti a circa un sesto della pioggia caduta in un anno!
Le condizioni favorevoli alla formazione di questo tipo di tempeste sono legate principalmente al riscaldamento del Mar Mediterraneo, che quest’anno presenta anomalie termiche superiori alla media, in alcuni tratti anche fino a +2 °C. Quando la temperatura della superficie marina supera i 26 °C, si crea un ambiente ideale per lo sviluppo di cicloni con struttura tropicale.
Il fenomeno atteso colpirà un’area già segnata da forte instabilità atmosferica e fragilità territoriale. Nella Sicilia orientale e meridionale si teme l’impatto delle mareggiate, mentre la Calabria ionica e le zone interne di Basilicata e Puglia meridionale potrebbero subire piogge estreme e smottamenti. In questi territori, spesso caratterizzati da una scarsa manutenzione del suolo e da infrastrutture vulnerabili, il rischio di danni è particolarmente elevato.
Non si tratta di un evento isolato. I dati raccolti dal 2011 al 2023 indicano un trend crescente nella formazione dei medicane: almeno nove eventi significativi sono stati registrati nel bacino del Mediterraneo, colpendo Italia, Grecia e Nord Africa. Questo aumento è strettamente correlato al riscaldamento globale e in particolare al rapido innalzamento delle temperature marine. Il Mediterraneo si sta tropicalizzando, trasformandosi in un nuovo epicentro di fenomeni estremi.
L’Italia, per la sua conformazione geografica e per la sua vulnerabilità idrogeologica, è particolarmente esposta. Frane, alluvioni ed erosione costiera sono già oggi problemi strutturali aggravati da urbanizzazione non sostenibile e infrastrutture spesso inadeguate.
L’adattamento ai cambiamenti climatici non può più essere rimandato: sarà necessario aggiornare le strategie di prevenzione e potenziare la resilienza locale, anche attraverso una pianificazione territoriale più lungimirante.
Anche se i medicane non raggiungono l’intensità degli uragani oceanici, i loro effetti sono comunque rilevanti e pericolosi. Colpiscono territori densamente popolati, mettono in crisi i sistemi di protezione civile e possono causare danni ingenti all’economia, all’ambiente e alla sicurezza.
I modelli previsionali e i piani di emergenza dovranno evolversi per includere questi eventi come parte integrante del nuovo regime climatico.
L’episodio di maggio potrebbe rappresentare non un’eccezione, ma l’ennesimo segnale che il clima mediterraneo sta mutando in modo sempre più rapido e radicale. La frequenza e l’intensità di questi fenomeni sono destinate a crescere, ed è ormai imprescindibile prepararsi a questa nuova realtà. L’estremo non è più raro: è diventato prevedibile.