Relazioni “stupefacenti”: perché l’erba gratis diventa una pericolosa trappola personale, legale e morale

Cliccare sui pulsanti sotto per condividere. GRAZIE !

Sono bastate alcune brevi interviste diffuse su piattaforme social per accendere un dibattito tanto sorprendente quanto inquietante: la gran parte delle adolescenti e giovani donne, intervistate da loro coetanei con la videocamera di uno smartphone, ha ammesso con sghignazzante disinvoltura di non aver problemi a instaurare un rapporto sentimentale e sessuale con un pusher. Lasciando chiaramente intendere di essere attratte dalla possibilità di avere “l’erba” o anche qualcosa di più pesante, “gratis”. Senza neppure rendersi conto che, da una parte, tale atteggiamento potrebbe accomunarle a chi si prostituisce per droga e, dall’altra, dei rischi, anche di sicurezza personale, che una simile scelta comporta.
La cosa ancora più “stupefacente” (tanto per rimanere in tema) è che nelle loro risposte non si intravede alcuna riflessione sul reato di favoreggiamento né sui danni sociali prodotti da ogni singola dose venduta né degli aspetti etici dello spaccio (ovvero, il fatto di guadagnare rovinando altra gente). Da tali interviste risalta, cioè, un arido atteggiamento egoistico che ignora del tutto le conseguenze e le implicazioni legali e morali connesse.

Tuttavia, è importante comprendere che dietro la facciata del gioco e dell’ingenuità – e anche in zone e contesti “tranquilli” – possono nascondersi tensioni molto concrete e a volte inconfessate, più diffuse nelle realtà più degradate.
In alcuni contesti, infatti, chi smetta di rispondere alle avances di uno spacciatore rischia ritorsioni violente, minacce e aggressioni. Alcuni studi etnografici confermano che in contesti segnati da faide territoriali sottrarsi a un legame affettivo con un dealer può significare trovarsi esposte a intimidazioni fisiche . Non si tratta solo di un presunto “romanticismo del bad boy”, ma di un delicato equilibrio di potere, tra la fascinazione suscitata dall’aura di dominanza del trasgressore e la reale possibilità di subire violenze.

Le relazioni con chi spaccia sostanze stupefacenti si configurano spesso come scambi di protezione in cambio di disponibilità sessuale o materiale. In quartieri caratterizzati da disoccupazione e mancanza di reti di supporto, il pusher diventa una figura chiave: garantisce un alloggio, offre un sostegno economico, assicura l’accesso alla droga senza filtri.
Studi sul “capitale di strada” mostrano come circa la metà delle donne interpellate in indagini cliniche e qualitative abbia riconosciuto nei pusher una fonte alternativa di welfare, pur pagando questo servizio con un prezzo che va ben oltre la semplice dose .

Eppure, come detto prima, nei racconti spontanei catturati da smartphone e webcam, non emergono quasi mai considerazioni di tipo giuridico: il rischio di essere accusate di concorso nel traffico di droga resta un tema marginale, confinato alle analisi accademiche.
Allo stesso modo, il senso di responsabilità etica verso la collettività, il senso di colpa o lo stigma sociale appaiono del tutto assenti. È un vuoto che rivela lo scollamento tra la percezione individuale, improntata al qui e ora del guadagno gratuito, e la consapevolezza civica che dovrebbe accompagnare qualsiasi scelta che tocca la sfera pubblica .

Sul versante psicologico, queste relazioni segnano ferite profonde. C’è chi racconta di sentimenti autentici, di una ricerca di affetto che si intreccia al desiderio di sentirsi “speciali”. L’ipotesi della hybristophilia – l’attrazione verso individui criminali – aiuta a spiegare il fascino esercitato dal dealer trasgressore, con la sua carica di pericolo e protezione al tempo stesso. In alcuni casi, per meccanismi simili alla Sindrome di Stoccolma, si creano situazioni di sopraffazioni non correttamente percepite per le quali la “vittima-accondiscendente” diventa diventa ancora più attratta dal suo aguzzino che, in alcuni casi, la spinge addirittura alla prostituzione.

Ma resta aperta la domanda: quanto di questo coinvolgimento è realmente scelto e quanto invece è imposto da dinamiche di potere e dalla necessità di sicurezza economica ed emotiva?

Per provare a colmare questa distanza tra apparenza e realtà, servono interventi a 360 gradi. Occorre portare nei percorsi di prevenzione sociale non solo l’allarme sugli effetti sanitari dell’uso di droga e all’induzione in schiavitù, ma anche i rischi legali di favoreggiamento, spiegando chiaramente quali conseguenze penali si possono affrontare.

È altrettanto importante stimolare una riflessione etica sul danno collettivo che ogni dose comporta, promuovendo laboratori e campagne di cittadinanza attiva. Infine, va potenziato il supporto psicologico nei quartieri più a rischio, per offrire alternative e contribuire a spezzare il circolo vizioso della dipendenza emotiva e materiale. Solo un’inchiesta profonda, che metta insieme testimonianze, studi accademici e interventi sul territorio, potrà restituire un’immagine fedele di un fenomeno lontano dall’essere un semplice “gioco”.

L’uso di droghe di ogni tipo è molto più diffuso di quanto si pensi: lo testimoniano non solo le analisi delle acque di fogna e dei fiumi ma anche i continui sequestri di quintali di sostanze stupefacenti che, quando non intercettate, in qualche vena o polmone devono pure andare a finire…


ARTICOLI  CORRELATI:

Traffico di droga tra Italia e Spagna, sequestrati 300kg di sostanze stupefacenti. Arresti anche in Campania.