Al Comune di Sirignano “DALLE FOIBE ALL’ESODO” per svelare una pagina buia e dolorosa della storia italiana.

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Il Coordinatore regionale per la Campania dell’Unione degli Istriani, Giuseppe Sartore (a sinistra), insieme al Consigliere comunale ed esponente di FdI, Pellegrino Peluso (a destra).

 

 Venerdì 2 febbraio, per iniziativa del Consigliere Comunale Peluso Pellegrino, è stata celebrata “La giornata del ricordo” alla presenza di docenti e studenti dell’Istituto comprensivo “A. Manzoni”, con un incontro dal titolo “Dalle Foibe all’ Esodo”.

Tale meritoria iniziativa fa seguito al “Protocollo d’intesa per la realizzazione di eventi ed iniziative per la promozione della conoscenza dei drammi delle foibe, dell’esodo degli italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia nel secondo dopoguerra” approvato dall’amministrazione comunale sirignanese con la delibera n. 3 del 19-01-2014, di seguito integralmente riportata, e proseguirà con altre iniziative programmate per il prossimo 10 febbraio, data ufficiale del «Giorno del ricordo» istituito con la legge 30 marzo 2004, n. 92.

Come recita il protocollo d’intesa tra il Comune di Sirignano e l’Unione degli Istriani, tale iniziativa ha la finalità di “preservare la memoria della spietata persecuzione subita dagli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, fino all’esodo di quanti sopravvissero, operata dai partigiani di Tito. Gli italiani uccisi nel periodo tra il 1943 e il 1947 furono più di cinquemila, mentre gli esuli della Venezia Giulia e della Dalmazia, trecentocinquantamila. Tanto male fu frutto di esaltazione nazionalista, pulsioni di giustizia sommaria, e rispose a chiaro disegno di pulizia etnica. Una pagina bruciante della storia contemporanea che ha rischiato la rimozione, poiché a lungo e colpevolmente è stata ignorata, taciuta o misconosciuta dalla storiografia e dall’opinione pubblica”.

È importante che i più giovani (e non solo loro) siano correttamente informati su queste terribili e vergognose atrocità di cui sono stati capaci di macchiarsi gli esseri umani in passato e di cui, in altre parti del mondo, si stanno macchiando anche in questi giorni.

La Storia deve essere letta con onestà intellettuale e spiegata anche alla luce della geopolitica, dell’antropologia e della psicologia (si veda, a tale proposito The Experiment, Cercasi Cavie Umane) e, soprattutto, con onestà intellettuale e con mente sgombra da faziosità politiche.

Purtroppo, l’essere umano si è macchiato non solo delle immani e criminali atrocità più note, come la Shoah e i campi di sterminio nazisti, ma anche di molte altre persecuzioni, ugualmente terribili, vergognose e ingiustificabili come i gulag staliniani, lo sterminio degli indiani d’America, le vergogne perpetrate in Kurdistan, in Tibet, in Cile e in Argentina, fino ai massacri di innocenti tuttora in atto in Ucraina, nel Medio Oriente e in molte aree del continente africano. Oltre, chiaramente, al vergognoso capitolo delle Foibe, ovvero del vile eccidio degli italiani da parte dei soldati di Tito, avvenuto durante e dopo la Seconda guerra mondiale, in gran parte per motivi politici e ideologici e di cui – siccome, com’è noto, la storia sui libri la scrivono i vincitori – non si è parlato per oltre mezzo secolo.

 


 

Recupero dei resti delle vittime scaraventate nelle foibe (cavità carsiche nel sottosuolo a cui si accedeva tramite buche nel terreno),

I tragici eventi delle foibe e l’esodo dalmata-giuliano rappresentano un capitolo complesso della nostra storia che non può essere certo riassunto in un articolo di giornale, e che affonda le sue radici nell’irredentismo italiano.

Com’è noto, con il termine irredentismo s’intende l’aspirazione di un popolo a completare la propria unità territoriale nazionale acquisendo terre ritenute “non redente” ovvero “non liberate” ma ritenute di sua proprietà sulla base di un’identità etnica o di un precedente legame storico.
In molti, troppi casi (compreso il recente attacco Russo all’Ucraina) i reali o presunti diritti su un territorio conteso sono stati usati come pretesto per scatenare guerre e violenze tra le più feroci, e altre dello stesso tipo si profilano in futuro (come la contesa Cina-Taiwan, la pretesa richiesta di restituzione dell’Alaska – acquistata dagli USA – alla Russia, ecc…). Per tali motivi, occorre sempre vigilare verso quei movimenti  – anche in Italia e spesso sobillati da agenti stranieri – che istigano soprattutto le popolazioni di confine a rompere o a indebolire l’integrità nazionale.    

In estrema sintesi, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, in Istria e Dalmazia, i partigiani jugoslavi di Tito si scagliarono contro i fascisti. Questi ultimi, nel periodo tra le due guerre mondiali, avevano governato quei territori con rigore, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo le popolazioni slave locali.

Con la caduta del regime di Mussolini – siamo ancora alla fine del 1943 – Tito e i suoi seguaci, strettamente legati a Mosca, iniziarono la loro campagna per riconquistare Slovenia e Croazia – di fatto annesse al Terzo Reich – con l’intento dichiarato di prendere il controllo non solo della Dalmazia e della penisola istriana (dove esistevano villaggi e città con comunità italiane fin dai tempi della Repubblica di Venezia), ma di tutto il Veneto, fino all’Isonzo.

Fino alla fine di aprile del 1945, i partigiani jugoslavi erano stati contenuti dai tedeschi, che avevano governato Serbia, Croazia e Slovenia con la loro famigerata mano di ferro (massacri, rappresaglie dieci a uno, paesi incendiati e distrutti). Tuttavia, con la caduta del Terzo Reich, nulla poteva più fermare gli uomini di Tito, organizzati nel IX Korpus, e la loro polizia segreta, l’OZNA (Odeljenje za Zaštitu NAroda, Dipartimento per la Sicurezza del Popolo). L’obiettivo era l’occupazione dei territori italiani. In quel conteso, i fascisti e gli italiani non comunisti furono considerati nemici del popolo. Furono prima torturati e poi gettati nelle foibe, ovvero nelle cavità carsiche sotterranee (talora ancora vivi e legati tra di loro, in modo che il peso dei primi trascinasse i secondi). Si stima che, in questo modo orribile, morirono circa un migliaio di persone, le prime vittime di una lunga serie di atrocità.

Tra maggio e giugno del 1945, poi, migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono costretti a lasciare le loro case. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti, le vittime di quei pochi mesi furono tra le quattromila e le seimila, mentre altre fonti riportano un numero di vittime di sedicimilacinquecento.