Sentiamo spesso parlare, relativamente ai problemi della corilicoltura nel territorio avellano, di monocultivar. In particolare, della scelta di riconvertire i nocelleti esistenti selezionando una sola tipologia di nocciola, quella più vocata e più richiesta dall’industria dolciaria. Una scelta che, secondo una buona parte degli osservatori sul territorio, potrebbe ridare ossigeno al comparto semplificando il lavoro e massimizzando i profitti.
In realtà, negli impianti agricoli a dimensione industriale, che non sono tra quelli individuabili sul territorio cosiddetto avellano, esiste già da tempo questa impostazione perché sono, in generale, impianti monocultivar, strutturati su discrete dimensioni e impostati in maniera tale da favorire al massimo la meccanizzazione. Il problema della corilicoltura campana, quindi, non solo di quella avellana, è la necessità di individuare, insieme alle altre aree corilifere italiane, percorsi comuni che tutelino e valorizzino, sul piano internazionale, la nocciola “Italia”, difendendola dalla concorrenza di stati come Turchia, Stati Uniti d’America, Azerbaijan, Cile.
Evidenziare la necessità di una maggiore tutela della nocciola Irpina, e propriamente Campana, in concorrenza con regioni quali Piemonte e Lazio, risulta essere una battaglia di retroguardia non solo in termini culturali, ma anche più propriamente economici. Non ci sono più, nel mercato globale, per le produzioni industriali, i margini per operazioni isolate, il rischio della marginalizzazione è inevitabile.
Quindi, quando si opera, sia in termini politici che economici, è necessario individuare bene i target di appartenenza, la geografia, utilizzare i dati disponibili e selezionare, tra le tante opzioni, i percorsi più idonei per le iniziative che si vogliono portare avanti. Ritornando al baianese, un percorso possibile sarebbe, in primis, porsi alcune domande: cosa rappresentano oggi, in termini di sviluppo, per il territorio avellano, la corilicoltura e più in generale l’agricoltura?
A mio avviso trattasi di una domanda che meriterebbe una risposta più politica che economica. Cosa vogliamo fare di questo territorio cerniera tra l’area metropolitana di Napoli e la provincia di Avellino? Trasformarlo in un dormitorio, incentivando speculazioni edilizie private, oppure intraprendere operazioni di salvaguardia e tutela dell’esistente?
Sarebbe necessario, ecco, ragionare come comunità, individuare delle priorità, per poi intraprendere i percorsi più utili per trasformare le idee in realtà. Temi molto in voga tra gli anni ottanta e novanta: politica, società civile, mondo delle imprese, insieme per consegnare alle prossime generazioni un territorio che abbia conservato quelle caratteristiche peculiari che lo hanno contraddistinto nei secoli.
Dal mio punto di vista, avendo da tempo, insieme ad altri amici, sollecitato le istituzioni ad individuare nell’agricoltura di qualità un possibile volano per lo sviluppo, la chiave di lettura per un intervento non può essere quello di una maggiore produzione agricola di tipo industriale, perché non vi sono le condizioni oggettive, ma la salvaguardia, la tutela e la promozione dei nostri prodotti di eccellenza esistenti. Un’area geografica che metta insieme storia, ambiente, produzioni agricole di qualità, alle porte dell’area metropolitana di Napoli, presenta potenzialità che necessitano solo essere messe a sistema.
Il progetto nocciola di Avella De.Co. per esempio, allargando la partecipazione a tutto il baianese, rappresenta un primo passo verso una possibile idea di sviluppo sostenibile in grado di trainare anche le altre colture di nicchia, penso, per esempio, alle noci, all’olio d’oliva, alle albicocche.
Salvaguardare le varie cultivar innescando un processo di tutela della biodiversità, che poi serve anche a testimoniare la storia millenaria della corilicoltura in queste aree, individuare le zone di produzione, per cui, tutelare il territorio. Infine, offrire ai consumatori, ad un prezzo adeguato, un prodotto di qualità garantito da un marchio, e provare a generare maggiori margini per i contadini che ancora operano nell’areale. Le cose più importanti per un territorio sono l’aspetto estetico del paesaggio, compresa la cura anche per le produzioni agricole, e la biodiversità. Perché è tutto ciò rappresenta l’impegno, l’amore e il legame tra popolazioni e territorio.
Pellegrino Palmieri (membro della commissione nocciola di Avella De.Co.)