La questione della possibile risalita del magma nei Campi Flegrei è un argomento di grande interesse e dibattito nella comunità scientifica. In particolare, ci si chiede se l’attuale crisi bradisismica sia provocata da fluidi magmatici o dalla risalita del magma. E, allo stato attuale, non esiste alcuna sicurezza su cosa stia avvenendo nel sottosuolo flegreo.
Si ritiene che il serbatoio più profondo si trovi a circa 8 chilometri, ma per Roberto Scandone (Roma Tre) «il magma è a 4 chilometri e se si aprono le fratture verrà su».
Questa affermazione è stata fatta durante un seminario di INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) «Il bradisismo ai Campi Flegrei: dinamica di un horst vulcano tettonico», tenutosi l’11 marzo 2022.
In effetti, da molti dati, fra cui una recente tomografia effettuata dall’INGV , sembrerebbe che la camera magmatica sia situata a circa 7 km e che stia generando una spinta sui fluidi già presenti a circa 3,5 km i quali causerebbero una ulteriore intrusione fra le rocce che, conseguentemente, collasserebbero per compressione o stiramento.
Tuttavia, la risposta della comunità scientifica non è univoca e non può esserlo, data l’estrema difficoltà di comprendere il comportamento del vulcano flegreo. Ad esempio, Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca di Ingv, esperto di geochimica del fluidi, autore di 183 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, nonché profondo conoscitore del bradisismo flegreo, spiega: «Al riguardo non ho certezze. Da anni scrivo che i gas che stanno uscendo ai Campi Flegrei sono di natura magmatica. Questo significa che a una certa profondità — che non conosco — il magma li separa e si decomprime. Per me non esiste una verità accertata ma uno spettro di possibilità».
La ricercatrice Ingv Monica Piochi, invece, condivide l’opinione di Scandone, affermando che «ci possa essere magma a 4 km e che questa risalita viene modulata a seconda delle caratteristiche del magma».
In conclusione, la questione della risalita del magma nei Campi Flegrei è un argomento di grande interesse e dibattito nella comunità scientifica. Nonostante le diverse opinioni, tutti concordano sulla necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio questo fenomeno.
Il tipo di eruzione attesa dei Campi Flegrei è un argomento di grande interesse per la comunità scientifica e la protezione civile. Secondo gli studi, la probabilità che la prossima eruzione sia del tipo Ignimbrite Campana/Tufo Giallo Napoletano, cioè di dimensioni enormi, è molto bassa, poiché questo tipo di eruzione richiederebbe l’ingresso di una enorme quantità di magma nel sistema.
Il piano di evacuazione dei Campi Flegrei è basato su uno scenario eruttivo con basso/medio grado di esplosività vulcanica. Questo scenario prevede la formazione di una colonna eruttiva formata da gas e materiale vulcanico (brandelli di lava e cenere), alta fino a decine di chilometri, la caduta di materiale vulcanico sia di grandi dimensioni nelle zone più prossime alla bocca eruttiva, sia di ceneri e lapilli anche a distanze maggiori, seguendo la direzione del vento, e flussi piroclastici (misti di gas, cenere e lapilli) probabilmente originati dal collasso della colonna eruttiva. Questi flussi hanno temperature e velocità elevate e possono percorrere alcuni chilometri.
Inoltre, ai Campi Flegrei l’eruzione potrebbe generare esplosioni freatomagmatiche, cioè esplosioni dovute al contatto con acqua esterna (dei laghi circostanti e del mare). Tuttavia, è importante sottolineare che, nonostante gli studi e le previsioni, il comportamento dei vulcani è estremamente complesso e imprevedibile, e quindi è fondamentale continuare a monitorare attentamente l’area.
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